giovedì 4 aprile 2013

Che fine ha fatto Bradley Manning?


  • 4 aprile 2013
  •  
  • 16.40

Bradley Manning a Fort Meade, nel Maryland, il 15 marzo 2012. (Brendan Smialowski, Afp)
Wikileaks ha annunciato che lunedì 8 aprile terrà una conferenza stampa a Washington per lanciare un progetto misterioso. Quasi tre anni fa l’organizzazione è stata protagonista della più grande fuga di notizie nella storia degli Stati Uniti grazie a un soldato di vent’anni, Bradley Manning. Come è riuscito Manning ad avere quelle notizie? Perché le ha diffuse? E che fine ha fatto?
Primo contatto
Nel 2010 il soldato Bradley Manning, classe 1987, si trovava a Baghdad, in Iraq, dove lavorava come analista informatico dell’esercito statunitense. Grazie al suo lavoro poteva accedere a due reti segrete che il dipartimento della difesa e il dipartimento di stato americani usavano per trasmettere dati riservati.
In questo modo aveva ottenuto una copia di un video che riprendeva l’uccisione di dodici civili, tra cui due giornalisti della Reuters, compiuta da alcuni militari statunitensi.
Manning sostiene che voleva informare i cittadini statunitensi sulle azioni del governo e dell’esercito e aprire un dibattito sulla gestione dei conflitti in Afghanistan e Iraq. Per questo aveva cercato di contattare il Washington Post, il New York Times e Politico, sostenendo di avere informazioni “di enorme importanza” per l’opinione pubblica americana. Ma i suoi tentativi non avevano avuto successo.
A quel punto ha deciso di mettersi in contatto con Julian Assange, il capo di Wikileaks, un’organizzazione internazionale non profit che raccoglie documenti riservati da fonti anonime e li rende pubblici.
Il 5 aprile 2010 Wikileaks ha diffuso il video della strage di civili ottenuto da Manning e conosciuto oggi come Collateral murder.
Poi, tra giugno e novembre 2010, ha reso pubblici 700mila documenti segreti in cui si parlava dei civili in Afghanistan morti per mano della Nato, di 15mila civili iracheni uccisi e non contati tra le vittime, di ordini di non indagare sugli abusi commessi dalle forze irachene, addestrate e supervisionate da quelle statunitensi. Di fatto, questi dati suggerivano che l’esercito e il governo statunitensi avevano mentito sulle operazioni di guerra condotte dagli Stati Uniti negli ultimi anni.
Wikileaks ha protetto l’anonimato della sua fonte, senza rivelare che si trattava di Manning. Ma il soldato ha confidato a un ex hacker, Adrian Lamo, in una chat che era stato lui a passare le informazioni riservate e si è fatto scoprire.
Il 29 maggio del 2010 è stato arrestato con l’accusa di aver scaricato dati confidenziali nel suo computer e di aver rivelato informazioni utili al nemico.
Carcere e segreti
Da quando è stato arrestato Manning è in isolamento. Le guardie lo controllano ogni cinque minuti, può indossare solo un paio di pantaloncini e non ha il permesso di avere lenzuola, un cuscino o effetti personali. Lo ha raccontato lui stesso in una lettera inviata una anno fa al capo della base di Quantico, in Virginia, dove era detenuto (ora a Fort Leavenworth, in Maryland, negli Stati Uniti).
Nell’aprile del 2011, 295 esperti di legge statunitensi hanno firmato un documento in cui si dichiara che la detenzione di Manning viola la costituzione degli Stati Uniti.
A maggio del 2012 sono cominciate le udienze preliminari del processo. Alle udienze non si possono fare video, registrazioni, foto o interviste a Manning, ma il 12 marzo la Freedom of the press foundation ha ricevuto l’audio della dichiarazione che Manning ha fatto in aula il 28 febbraio di quest’anno. Per la prima volta dal suo arresto si è sentita la voce di Manning. Il Guardian ha pubblicato la trascrizione del suo intervento.
Colpevole, ma non abbastanza
Bradley Manning si è dichiarato colpevole dell’accusa di aver trasmesso illegalmente informazioni riservate. Il massimo della pena per questo reato è dieci anni di prigione. Manning ha anche riconosciuto di essere responsabile per altri nove capi d’accusa. Per questi dieci reati potrebbe trascorrere vent’anni in carcere.
L’accusa però non pensa che questa punizione sia sufficiente. Vuole che il soldato sia condannato anche per aver intenzionalmente aiutato il nemico (vale a dire Al Qaeda) fornendogli materiale confidenziale. La pena prevista in questo caso è l’ergastolo.
Il processo in corte marziale comincerà il 3 giugno 2013. La procura ha chiamato a testimoniare 141 persone.
(Anna Franchin)