mercoledì 27 marzo 2013

Dalla natura lo sviluppo di una classe di molecole per la lotta contro i tumori


22 marzo 2013  |  di   |  Pubblicato in Home page UniurbInnovazioneSlider

Vieri Fusi e Mirco Fanelli sono i ricercatori che hanno dato il nome al brevetto


Due studiosi di Urbino hanno individuato nel “maltolo”, una sostanza naturale contenuta nel malto, nella cicoria, nel cocco, nel caffè e in moltissimi altri prodotti naturali, la possibilità di utilizzarlo per lo sviluppo di una nuova classe di molecole con spiccata attività antineoplastica. La scoperta rappresenta un notevole avanzamento nella ricerca di nuove strategie terapeutiche contro il cancro tanto da avere ottenuto il brevetto nazionale, nell’attesa di quello internazionale.
Per la Legge sulle invenzioni e per la Convenzione sulla concessione di brevetti europei (CBE) tutti i brevetti che hanno per oggetto un composto chimico, devono possedere requisiti di novità, originalità ed industrialità.
Questo lavoro è il frutto di una sinergia multidisciplinare tra due gruppi di ricerca quelli del dott. Mirco Fanellidi estrazione prettamente biomedica e l’altro, del prof. Vieri Fusi, prettamente chimica, legati dal desiderio di esplorare e di progredire nei relativi bagagli scientifici e culturali.
Il prof. Vieri Fusi e il dott. Mirco Fanelli
Il gruppo di ricerca diretto dal dott. Mirco Fanelli, con sede a Fano presso il Centro di Biotecnologie, è impegnato da tempo negli studi del ruolo delle alterazioni epigenetiche nel sviluppo del cancro ed ha recentemente sviluppato una tecnica innovativa  denominata PAT-ChIP finalizzata allo studio dell’epigenoma direttamente nei campioni derivati dai pazienti e conservati in paraffina (FFPE).
Il gruppo del professore Vieri Fusi, si è da sempre occupato di riconoscimento molecolare, dello sviluppo sintetico di recettori e metallo-recettori e degli aspetti termodinamici che guidano il riconoscimento tra due specie chimiche.
Va sottolineato che, nonostante i progressi sia nel campo della diagnostica (sempre più precoce) che degli approcci chirurgico/terapeutici, il cancro è oggi una delle principali cause di morte nei paesi industrializzati. Molti traguardi sono stati raggiunti nell’ultimo ventennio nell’approccio a questa patologia e la ricerca scientifica ci ha dato la possibilità di sviluppare numerosi protocolli terapeutici che hanno visto sia ridurre la mortalità, per neoplasie prima considerate inguaribili, che di aumentare l’aspettativa di vita di molti pazienti.
Tuttavia, proprio per la sua straordinaria complessità, non è stata ancora sviluppata l’arma necessaria ad affrontare alcuni tipi di tumori particolarmente aggressivi e quei tumori che si sviluppano in seguito a trattamenti terapeutici (le cosiddette recidive).
«Negli ultimi anni – ci spiegano Vieri Fusi e Mirco Fanelli – la ricerca in campo oncologico sta affrontando l’intera problematica attraverso una doppia strategia: da un lato cerca di comprendere a fondo le peculiarità molecolari alla base della patologia stessa e, dall’altro, prova a sviluppare nuove molecole come potenziali farmaci (drug discovery). I due approcci non navigano necessariamente su due binari diversi ed è proprio con la scoperta dei meccanismi molecolari alterati nella cellula neoplastica che si gettano le basi per lo sviluppo di nuove molecole atte a correggere quelle alterazioni».
«La problematica – ci spiegano Mirco Fanelli e Vieri Fusi – va necessariamente affrontata seguendo un iter che porta, partendo dall’osservazione macroscopica del problema, all’analisi del processo molecolare sia dal punto di vista eziopatogenetico che nella realizzazione del potenziale farmaco e/o contromisure terapeutiche».
Ecco quindi nascere una sinergia che affronta il problema sotto questi aspetti.
Di cosa si tratta?
Vieri Fusi: Il maltolo “per se” è una molecola innocua, utilizzata talvolta come additivo alimentare per il suo aroma e le sue proprietà antiossidanti, ma – se opportunamente modificata – può dare origine a nuove molecole con interessanti proprietà biologiche. Due molecole rappresentative di questa classe di composti sono state al momento sintetizzate e caratterizzate nella loro capacità d’indurre alterazioni della cromatina e, quindi, di condurre le cellule a rispondere in termini biologici.
Questa classe di composti è caratterizzata da interessanti proprietà chimico/fisiche che li rende capaci sia di raggiungere l’interno della cellula che di esplicare le loro funzioni nel nucleo, dove risiede il nostro genoma (e dunque la cromatina).
Mirco Fanelli: Da subito abbiamo monitorato come alcuni modelli neoplastici (colture cellulari in vitro) fossero sensibili ai trattamenti con le due molecole (denominate malten e maltonis): le cellule, in risposta ai trattamenti, alterano dapprima la loro capacità di replicare e, successivamente, inducono un importante processo biologico che le conduce ad un vero e proprio suicidio (denominato morte cellulare programmata).
La cosa ancora più interessante è che la somministrazione delle due nuove molecole altera enormemente l’espressione genica in funzione di una risposta atta a eliminare quelle micro modificazioni che sia maltenche maltonis sono capaci d’indurre all’interno della cellula.
Oltre che sul piano brevettuale, gli studi sino ad ora condotti, hanno avuto un buon successo scientifico e sono stati pubblicati su ottime riviste internazionali (British Journal of Cancer; Journal of Organic Chemistry), fornendo il presupposto per proseguire gli studi su modelli tumorali in vivo.
Vieri Fusi: Purtroppo non possiamo divulgare i dettagli di quest’ultimi, visto che sono ancora nella fase di sottomissione per la loro pubblicazione e coinvolgono anche altre strutture scientifiche. Possiamo però anticipare che questi composti sembrano essere tollerati in vivo (cosa non scontata) ed hanno dimostrato interessanti proprietà biologiche inducendo una sensibile riduzione della massa tumorale.
Come agiscono le nuove molecole?
Mirco Fanelli: Ritornando agli aspetti molecolari, queste nuove molecole sembrano agire attraverso dei meccanismi nuovi riconducibili a modificazioni strutturali della cromatina. Tale meccanismo di azione, ad oggi mai osservato in molecole ad azione antineoplastica, è alla base per un potenziale sviluppo di molecole che possano sfruttare strategie alternative con cui bersagliare le cellule tumorali. Insomma, speriamo di poter sviluppare nuove armi con cui aggredire il cancro con le quali poter migliorare le attuali cure soprattutto per quei tipi di tumore ad oggi sprovvisti di terapia o derivanti da una recidiva.
Gruppi di ricerca coinvolti dell’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo:
- Prof. Vieri Fusi – Laboratorio di Chimica Supramolecolare
- Dott. Mirco Fanelli – Laboratorio di Patologia Molecolare “PaoLa”
Dettaglio delle pubblicazioni:
Synthesis, basicity, structural characterization, and biochemical properties of two [(3-hydroxy-4-pyron-2-yl)methyl]amine derivatives showing antineoplastic features. Amatori S, Ambrosi G, Fanelli M, Formica M, Fusi V, Giorgi L, Macedi E, Micheloni M, Paoli P, Pontellini R, Rossi P.
J Org Chem. 2012 Mar 2;77(5):2207-18. doi: 10.1021/jo202270j. Epub 2012 Feb 22.
Br J Cancer. 2010 Jul 13;103(2):239-48. doi: 10.1038/sj.bjc.6605745. Epub 2010 Jun 22.
- Attestato di Brevetto per Invenzione Industriale – Ministero dello Sviluppo Economico – del 22.02.2012 (n° 0001392249) – Inventori: Fanelli-Fusi

lunedì 25 marzo 2013

ZEITGEIST THE FULL MOVIE 2007

IN SPAGNA E’ INIZIATA LA CORSA AL BITCOIN


-  TYLER DURDEN - zerohedge.com -
In Europa sta accadendo qualcosa di eccezionale. Bloomberg Businessweek  riferisce che da domenica scorsa ci sono tre applicazioni di Bitcoin (1) che sono salite alle stelle nelle classifiche dei download spagnoli, in coincidenza con la notizia che per la mancanza di liquidi a Cipro, avevano intenzione dirazziare i conti correnti per pagare un gettone di salvataggio da 13 miliardi di dollari.
“Questo è un risultato del tutto prevedibile e razionale per quello che sta succedendo a Cipro”, dice Nick Colas di ConvergEx . “Se si vuole capire il sentimento di stress dei risparmiatori europei, basta guardare i prezzi di Bitcoin.
Il valore della moneta virtuale è salito di quasi il 30% negli ultimi due giorni. “Il 100% di questo aumento è stato causato da Cipro”, dice Colas. “Significa che gli europei si sentono coinvolti.” Come aveva  avvertito anche l’economista tedesco Peter Bofinger in un’intervista a Spiegel Online:  “I cittadini europei ora devono temere per i loro soldi.”
Gli stessi dati sul download delle applicazioni, tuttavia, dimostrano che gli italiani non sono pronti ad abbandonare le tradizionali banche commerciali, perché molti italiani ricordano ancora quel brutto giorno del 1992 quando si svegliarono e si accorsero di un prelievo sui loro risparmi per puntellare le traballanti finanze della nazione.
Il prezzo di un Bitcoin è balzato negli ultimi due giorni da 37 euro a oltre 50 Euro, perché la realtà delle cose colpisce … e guardiamo il volume …
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“Bitcoin è l’inizio di qualcosa di grande: una moneta senza governi, qualcosa di necessario e di inevitabile”.
Nota :
  1. Bitcoin è una moneta elettronica creata nel 2009 da Satoshi Nakamoto. È anche il nome del progetto software open source sviluppato per l’uso di questa moneta. Bitcoin è una delle prime implementazioni del concetto chiamato cryptomoneta, che fu per la prima volta descritto nel 1998 da Wei Dai. Costruito sulla nozione che la moneta è ogni oggetto, o ogni dato, che sia accettato come pagamento per beni e servizi e pagamenti per i debiti in un dato paese o contesto socio-economico. Bitcoin è sviluppato attorno all’idea dell’uso della crittografia per controllare la creazione e il trasferimento di moneta, invece di appoggiarsi ad autorità centrali. Wikipedia.
Tyler Durden
Fonte: http://www.zerohedge.com
Link: http://www.zerohedge.com/news/2013-03-20/spain-bitcoin-run-has-started
Traduzione per www.ComeDonChisciotte.org a cura di BOSQUE PRIMARIO
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sabato 23 marzo 2013

I TRENI DELLA MORTE CHE VI PASSANO ACCANTO

Di Valerio Valentini - Fonte: http://www.byoblu.com/post/2013/03/23/Quei-treni-della-morte-che-vi-passano-accanto.aspx

 Treni della morte Stefano Ciafani Nucleare Scorie Radioattività
di Valerio Valentini
Due anni fa ci fu il terribile incidente di Fukushima. Si verificò subito dopo il referendum nel quale gli Italiani ribadirono la propria contrarietà al nucleare. Ciononostante, ogni mese, tonnellate di scorie nucleari ad altissima radioattività viaggiano sui binari ferroviari delle nostre città, senza che la popolazione ne venga messa al corrente. Ho chiesto a Stefano Ciafani, vicedirettore nazionale di Legambiente, di raccontarlo al blog.

I TRENI DELLA MORTE

intervista a Stefano Ciafani, vicepresidente di Legambiente
Il nostro Paese continua ad essere interessato, ormai da qualche anno, dall’esportazione soprattutto di barre di uranio irraggiato, ovvero il combustibile che veniva utilizzato nelle quattro centrali italiane che erano in funzione fino agli anni ’80, e che poi fortunatamente sono state spente grazie al referendum approvato e poi votato dalla maggioranza degli Italiani nell’’87. Quelle barre vengono esportate su rotaia, e dovrebbe essere segnalato chiaramente agli abitanti dei territori che vengono attraversati. Cosa che succede abbastanza normalmente negli altri Paesi. Noi non stiamo facendo nulla di tutto ciò.
In questo periodo la direttrice principale è Piemonte- Francia, anche se qualche mese fa c’era stato un viaggio, di cui non si è parlato adeguatamente e che ha scatenato molte polemiche sul territorio, che dalla provincia di Vercelli doveva andare verso Trieste, perché in quel caso i rifiuti radioattivi sarebbero stati imbarcati su una nave per essere poi destinati all’esportazione via mare. Diciamo che ci sono magari differenze nelle tratte, ma la costante è la totale assenza di corretta informazione su questi viaggi molto pericolosi che, se in alcuni casi sono inevitabili, devono esser fatti nel rispetto delle norme, nel rispetto della giusta necessità da parte dei cittadini di essere informati. E questo purtroppo non si sta facendo.
I treni con le scorie radioattive viaggiano sui binari tradizionali: quindi sulle ferrovie che vengono ogni giorno seguite dai treni dei pendolari, dai treni di chi si sposta da una città all’altra piuttosto che dai treni merci. Ed è per questo che è fondamentale informare le popolazioni, perché ad esempio quei treni passano nelle stazioni, dove magari ci sono persone che stanno aspettando il treno per andare al lavoro, o per andarsene in un’altra città o per andarsene in vacanza e magari rischiano di vedersi passare il treno coi rifiuti radioattivi davanti senza saperlo. Ecco, questo è il punto: si deve rendere consapevole la popolazione che a quell’ora, in quella stazione ferroviaria, oppure a quell’ora, a quel passaggio a livello, oppure a quell’ora, davanti a una casa, passa il treno. Si devono informare tutti che sta passando un treno coi rifiuti radioattivi. Chi non vuole starci, accanto a un treno coi rifiuti radioattivi, deve essere adeguatamente informato perché si deve allontanare quantomeno per quei minuti in cui il treno sta passando. Se non si dice a che ora e dove passerà il treno, i cittadini non potranno scegliere, saranno in qualche modo obbligati a subire il passaggio del treno con le scorie.
Energia Nucleare Referendum GreenPeace

La legge esiste. Viene previsto l’obbligo della corretta informazione. Il vuoto sta nella politica locale e nel network delle prefetture e dei territori che vengono interessati dal passaggio del treno, che non fanno quello che è previsto dalla norma. Questa è la cosa più grave che abbiamo denunciato per l’ennesima qualche lunedì fa. Un treno di scorie è più sicuro rispetto alle scorie che possono viaggiare su un TIR, su gomma, ma è possibile che si verifichino incidenti ferroviari. I cittadini devono essere informati sugli scenari possibili, anche quelli più catastrofici, che speriamo non si concretizzino mai. Senza un’adeguata informazione aumentano i rischi di coinvolgimento delle popolazioni o dei territori in potenziali incidenti. Dovremmo imparare dagli altri Paesi: continuiamo a gestire questa partita in maniera sbagliata, e questo finisce per creare inutili polemiche, che a loro volta producono tanti ritardi. Ma si tratta di ritardi voluti da chi decide di realizzare le opere: pensano di poter fare le cose alla chetichella, ma poi questa mancata informazione si paga. In Francia esiste una legge da diversi anni: la legge sul cosiddetto dibattito pubblico che prevede una fase di consultazione vera del territorio che sarà oggetto di questa nuova infrastruttura stradale, autostradale, ferroviaria, impiantistica eccetera… Insomma c’è una fase di discussione, a volte anche accesa, nella quale si mette in discussione il progetto o i suoi dettagli. Si perde un po’ di tempo prima, ma poi quel tempo che tu perdi prima dell’approvazione dell’impianto lo recuperi nel momento in cui l’impianto o l’infrastruttura trasportistica la devi realizzare, dopo.
Stiamo facendo una cosa molto discutibile: inviamo i nostri rifiuti radioattivi all’estero, negli impianti di riprocessamento delle scorie. Li inviamo in quello francese piuttosto che in quello inglese di Sellafield. Poi le barre, dopo essere state trattate adeguatamente, vengono rispedite al mittente, nella loro parte, diciamo, di rifiuto, con tutto il loro contenuto altamente radioattivo. Quel tipo di radioattività decade con intervalli di tempo lunghissimi: si parla didecine di migliaia di anni. Questi rifiuti torneranno in Italia vetrificati, cementificati, ma con tutto il loro contenuto radioattivo che dovrà essere depositato nel famigerato deposito nazionale di rifiuti radioattivi che ancora ad oggi non è stato realizzato, e che ancora ad oggi non è stato neanche localizzato, dopo il folle percorso che il governo Berlusconi nel novembre del 2003 decise di imboccare quando decise la localizzazione di Scanzano Jonicoin Basilicata. Volevano realizzare un deposito di rifiuti radioattivi senza aver fatto la minima condivisione con il territorio. Non lo sapevano gli enti locali, non lo sapevano i cittadini, non lo sapevano le categorie produttive, gli agricoltori e gli operatori turistici. Il risultato fu che come ricordiamo tutti la Basilicata fu bloccata dalle proteste popolari per un mese. E dopo un mese, il governo Berlusconi fece il secondo errore: dopo aver individuato un sito senza condividerlo con nessuno, decise di ritirare quella localizzazione, creando un precedente assolutamente pericoloso perché innanzitutto non abbiamo bisogno di un deposito per rifiuti ad alta attività, visto che fortunatamente dalla fine degli anni ’80 non ne produciamo più (e mi auguro non ne produrremo più, visto che il NO al nucleare detto in maniera chiara dagli Italiani nell’’87 è stato ribadito poi con altrettanta forza nel referendum del 2011).
 Andrea Bertaglio Maurizio Pallante Catastrofe nucleare Scorie radioattive Plutonio Dora Baltea Saluggia
Quei pochi rifiuti radioattivi ad alta produttività, l’Italia può stoccarli in quelli che la direttiva europea sullo smaltimento dei rifiuti radioattivi definisce depositi internazionali, nei confini europei, magari realizzati in quei Paesi che continuano a produrre elettricità dall’atomo, e che quindi continuano a produrre rifiuti radioattivi. Tuttavia, dalla fine degli anni ’80, continuiamo a produrre ogni anni circa 2 mila metri cubi di rifiuti radioattivi a media e bassa attività, che sono i rifiuti che sono prodotti nell’industria, piuttosto che negli ospedali, piuttosto che nei centri di ricerca. Ecco, li stiamo producendo anche nel 2013 e, quindi, è comunque necessario individuare uno o più siti che li possano ospitare, per le decine di anni in cui quei rifiuti continueranno ad emettere radioattività. Per questo genere di scorie in qualche modo bisognerà trovare una sistemazione nei confini nazionali. Ma  con il precedente di Scanzano ora sarà complicatissimo anche trovare una localizzazione per i rifiuti a media e bassa attività. Quindi è stato fatto un doppio disastro dall’allora governo Berlusconi, che purtroppo ancora oggi paghiamo perché, ad esempio, le scorie che stiamo inviando in Francia, le scorie che abbiano inviato nel passato in Gran Bretagna, quelle torneranno indietro, qui, con tutto il loro corico di radioattività. E noi, ad oggi, non sappiamo dove metterle. Non abbiamo neanche firmato un accordo con un altro Paese, nel rispetto della direttiva europea, per conferirli. Ad oggi, è bene ricordare che nessun Paese del mondo ha realizzato un deposito per rifiuti ad alta attività, un deposito definitivo. E non ce n’è neanche uno in attività. L’unico che c’è, negli Stati Uniti, è per rifiuti nucleari derivanti dalle attività militari, ma un deposito per rifiuti radioattivi civili non è attivo, parlo di depositi definitivi. E questo dimostra, se mai ce ne fosse ancora bisogno, la follia che sta dietro a questa tecnologia per produrre elettricità, in Europa così come nel resto del mondo.

L'ENERGIA EOLICA SORPASSA IL NUCLEARE IN CINA


La vituperata (in tema ambientale e non solo) Cina sorprende tutti e fa registrare un sorpasso dei parchi eolici rispetto alle centrali nucleari del 2% nel corso del 2012. Dal 2007 infatti, la produzione di energia nucleare è aumentata del 10% su base ann0, mentre quella eolica dell’80 per cento.
Il cambio di rotta è scattato soprattutto dopo il disastro nucleare consumatosi in Giappone nel 2011, visto che in Cina era previsto il raggiungimento di 40.000 megawatt di energia nucleare entro il 2015 e, forse, 100.000 megawatt entro il 2020. Dopo il disastro è stata stoppata la costruzione di nuovi impianti ed è stato deciso un riesame della sicurezza degli impianti già in esercizio e di quelli in costruzione.
Anche se i funzionari ancora sostengono che la Cina raggiungerà 40.000 megawatt di capacità nucleare nel 2015, il ritmo attuale di costruzione rende questo obiettivo alquanto improbabile.
Le prospettive per l’eolico invece sono molto più promettenti. Gli sviluppatori di vento collegati hanno prodotto 19.000 megawatt nel corso del 2011 e 2012, e si prevede di raddoppiarli nel 2013.
La Cina dovrebbe facilmente raggiungere l’obiettivo ufficiale di 100.000 megawatt di capacità eolica entro il 2015 e di almeno 200.000 megawatt entro il 2020. Dati impressionanti, che confermano una volta di più che non è possibile oggi disinteressarsi a cosa succede in Cina, perché tutto quello che succede dalle parti del gigante asiatico avrà ripercussioni globali.
Leggi anche:
Fonte: http://www.tuttogreen.it/lenergia-eolica-sorpassa-il-nucleare-in-cina/

RIFORMA OBAMA: APPROVATA LA INTRODUZIONE DEI CHIP RFID


dal sito Why Americans Are Dumb
Traduzione di Anticorpi.info
L’introduzione dei chip corporei per fini sanitari non è più un mito. E’ stato infatti convalidata nel 2012 (dalla Corte Suprema USA – n.d.t.) la legge HR 3962 denominata Obamacare, nella quale si prospetta la introduzione di microchip RFID per fini ‘sanitari.’ A far capo dalla pagina 1501 sono descritte le peculiarità dei dispositivi.
L’impianto della legge è stato lasciato ‘aperto’, infatti viene statuito che il segretario potrà decidere di aggiungere altre informazioni, non necessariamente sanitarie, allo interno dei chip corporei. Ciò significa che oltre ai parametri medici potranno essere inserite nei chip informazioni in merito al conto bancario del paziente, così da determinare in tempo reale la sua capacità finanziaria. Medici e ospedali saranno quindi autorizzati ad eseguire la scansione dei conti bancari così da poter prelevare immediatamente, in tempo reale, la cifra prevista per il trattamento terapeutico.
I repubblicani non hanno alcun piano per contrastare la riforma sanitaria di Obama, sia nel suo complesso, sia nella sezione circa la introduzione dei chip corporei. Recitano la loro parte in TV facendo finta di voler opporsi, ma è ormai chiaro che l’obiettivo finale di tutte le parti in gioco sia di chippare l’intera popolazione. Entrambe gli schieramenti stanno eseguendo degli ordini, perché il nuovo ordine mondiale ha statuito che tutti debbano essere chippati. La Federal Reserve sarà il nuovo governo mondiale. Le tasse derivanti dalla riforma Obama finiranno direttamente nelle casse della Federal Reserve. Il mondo intero sta galoppando verso un sistema che funzioni senza denaro contante.
>
La riforma Obama prevede che il processo di impianto dei chip nella popolazione abbia inizio entro la primavera del 2013. Come tutti sappiamo il governo lavora lentamente, e il nuovo ordine mondiale è paziente. Aspettatevi che il microchip diventi obbligatorio entro il 2022. I chip RFID saranno diffusi in tutto il mondo (dopo la privatizzazione della sanità? – n.d.t.); chi non vive negli Stati Uniti non creda di sfuggire al microchip. In Messico è stato già microchippato un numero notevole di cittadini. In Canada stanno organizzandosi: LINK
Hanno iniziato con le carte di debito contenenti microchip per andare a parare allo obbligo legale di possedere il chip per usufruire della assistenza sanitaria. Useranno la propaganda e parole come facilità d’uso, sicurezza sanitaria e sicurezza sociale. State pur certi che sarete microchippati.
Articolo in lingua inglese pubblicato sul sito Why Americans Are Dumb
Link diretto: http://whyamericansaredumb.com/obama-care-approves-rfid-chips
Traduzione a cura di Anticorpi.info
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martedì 19 marzo 2013

TELEDIRITTO: CARTELLE PAZZE:PAGA EQUITALIA


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Martedì 19 Marzo 2013 10:00
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Casa ipotecata per una multa: condannato il messo dell'azienda privata. Danni e provvisionale al contribuente, l'agente della riscossione è responsabile in solido.
Scatta la responsabilità civile a carico di Equitalia per la cartella pazza costata all'ignaro contribuente l'ipoteca sulla casa per una banale multa automobilistica. E ciò anche se a falsificare la relata della cartella esattoriale, in modo da far risultare la notifica eseguita, è stato l'incaricato di una società terza, cui era stato appaltato il servizio di notifica, messo notificatore che oggi viene condannato per falso del pubblico ufficiale in atto pubblico. L'agente della riscossione risponde in solido con il reo dei danni, che saranno liquidati in sede civile, ed è condannato sempre in solidarietà al pagamento di una provvisionale di 5 mila euro immediatamente esecutiva. È quanto emerge dalla sentenza 1824/13, pubblicata dalla settima sezione penale del tribunale di Napoli (giudice monocratico Marta Di Stefano).
Nessuna attenuante
Finisce un incubo per il contribuente, parte offesa patrocinata dagli avvocati Maria Grazia Bartolino, Marco Esposito e Francesco De Maio. Sarà il giudice civile a stabilire l'entità del risarcimento dei danni, che non sarà esiguo perché a causa della cartella pazza il contribuente non soltanto ha patito l'iscrizione pregiudizievole sull'immobile ma ha dovuto sobbarcarsi due procedimenti legali: uno davanti al giudice di pace per l'annullamento della cartella esattoriale e l'altro per la querela di falso contro la relata contraffatta. Il tutto perché il notificatore "in appalto" dell'agente della riscossione cui è subentrata Equitalia ha pensato bene di falsificare la firma di un familiare del multato, la madre, qualificandola come «addetta alla casa», in modo da far risultare andata a buon fine la procedura. A smascherare l'imputato provvede la perizia grafologica, che dimostra come la sottoscrizione sulla relata non appartiene a nessuna delle persone che abitano nella casa del contribuente, ma somiglia moltissimo alla scrittura del notificatore, molto ma molto "speciale". Scatta la condanna a un anno di reclusione (la pena è sospesa): niente attenuanti proprio perché il danno è notevole, nonostante l'imputato fosse incensurato.
Eligendo e vigilando
La condanna alla rifusione dei danni in solido a carico di Equitalia scatta perché la fattispecie rientra in uno delle ipotesi di responsabilità indiretta disciplinate dal codice civile: l'agente della riscossione, in questo caso, rappresenta il committente perché la notifica era sì eseguita dall'agenzia privata ma comunque per conto dell'esattore. Nessun dubbio che Equitalia, subentrata alla precedente "concessionaria", debba rispondere del danno patrimoniale e non patrimoniale, laddove la falsa firma apposta sulla relata di notifica impedisce al contribuente di proporre tempestivamente l'opposizione alla cartella esattoriale e dunque fa scattare l'iscrizione dell'ipoteca sull'immobile di proprietà "pro quota" della parte offesa. Insomma: la responsabilità dell'agente della riscossione si configura sotto i profili della culpa in eligendo e in vigilando, laddove Equitalia non ha saputo scegliere bene l'appaltatore del servizio e poi sorvegliarlo a dovere (e il servizio, a quanto pare, è svolto attualmente da un'altra società). Non resta che pagare le spese di giudizio.
Dario Ferrara www.cassazione.net

STIGLITZ: BASTA TRUCCHI, DOBBIAMO NAZIONALIZZARE LE BANCHE


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Lunedì 18 Marzo 2013 05:47
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«La notizia che la nazionalizzazione delle banche potrebbe essere necessaria anche secondo Alan Greenspan dimostra quanto la situazione sia disperata: come è evidente da tempo, l’unica soluzione è che il nostro sistema bancario sia rilevato dal governo, forse sulla falsariga di quanto fecero Norvegia e Svezia negli anni ‘90». Parola di Joseph Stiglitz, docente della Columbia University e Premio Nobel per l’economia. Nazionalizzare le banche: «Bisogna farlo, e farlo in fretta, prima che altri soldi vadano sprecati in manovre di salvataggio», dopo la catastrofe planetaria provocata da «anni di comportamenti sconsiderati, tra cui la concessione di crediti inesigibili e l’avere giocato d’azzardo con i derivati». Teoricamente, siamo già alla bancarotta: se il governo rispettasse le regole del gioco, sono moltissime le banche che uscirebbero dal mercato. Nessuno sa con certezza quanto sia grande il buco: almeno due-tremila miliardi di dollari, se non di più.
Dunque la domanda è: chi si farà carico delle perdite? «Wall Street non chiederebbe di meglio che uno stillicidio continuo del denaro dei contribuenti», scrive Stiglitz in un intervento su “The Nation” ripreso da “Megachip”. Ma l’esperienza di altri paesi suggerisce che, quando sono i mercati finanziari a comandare, i costi possono essere enormi: paesi come l’Argentina, il Cile e l’Indonesia, per salvare le proprie banche, hanno speso il 40% e oltre del loro Pil. «Se non stiamo attenti, la spesa pubblica per il salvataggio determinerà l’esclusione di altri programmi essenziali del governo, dalla previdenza sociale ai futuri investimenti in campo tecnologico». Stiglitz si appella al principio fondamentale della legge in materia di reati ambientali: chi ha inquinato, deve pagare i costi della bonifica. «Le banche americane hanno inquinato l’economia globale di rifiuti tossici». Per cui, «solo facendo sì che il settore paghi i costi delle sue azioni, recupereremo efficienza».
L’amministrazione Obama ha proposto, fra le altre cose, di comprare i bad assets e metterli in unabad bank, lasciando che sia il governo a disporne. «Naturalmente, Wall Street era entusiasta di questa idea: chi non vorrebbe scaricare la propria spazzatura sul governo a prezzi gonfiati?». Quasi tutte le varianti della proposta “cash for trash”, soldi buoni in cambio di titoli-spazzatura, si basano sull’idea di creare una sorta di discarica finanziaria, la band bank, gravata dai bad assets. «Ma le banche, anche se avessero solo gli asset “buoni”, probabilmente non disporrebbero di liquidità neanche dopo che i contribuenti avessero strapagato la spazzatura». Stiglitz boccia questa soluzione: «Io credo che la bad bank, senza nazionalizzazione, sia una cattiva idea». E’ il caso di «respingere qualunque piano di tipo “soldi in cambio di spazzatura”», perché in fondo «è un altro esempio dell’economia “voodoo” che ha segnato il settore finanziario: il tipo di alchimia che haGreenspanconsentito alle banche di sminuzzare i mutui subprime, che avevano rating F, trasferendoli in titoli presunti sicuri con rating A».
Ancora peggiori, secondo Stiglitz, sono le proposte di cercare di spingere il settore privato a comprare la spazzatura: «In questo momento i prezzi che esso è disposto a pagare sono così bassi che le banche non sono interessate», anche perché, in quel modo, «la dimensione del buco nei loro bilanci verrebbe allo scoperto». Ma se il governo assicurasse gli investitori del settore privato, e concedesse loro prestiti a condizioni favorevoli, il settore privato sarebbe disposto a pagare un prezzo più alto, rendendo alla fine le banche solvibili? «Questa proposta, come molte altre provenienti dagli ambienti bancari, si basa in parte sulla speranza che, se le banche renderanno le cose sufficientemente complesse e opache, nessuno noterà il regalo al settore bancario finché non sarà troppo tardi», osserva l’economista della Columbia. E se le imprese si mettono nei guai, accumulando più debiti di quanti ne possano ripagare, c’è sempre la via d’uscita della bancarotta, che «spaventa molte persone, ma non dovrebbe», perché «tutto quello che succede è che le pretese finanziarie nei confronti Obamadell’impresa vengono ristrutturate», gli azionisti vengono spazzati via e gli obbligazionisti diventano i nuovi azionisti.
Quando la situazione è meno grave, aggiunge Stiglitz, una parte del debito viene convertita in capitale netto: «In ogni caso, senza il fardello dei pagamenti mensili del debito, l’impresa può tornare alla redditività». Le banche differiscono dalle altre imprese sotto un solo aspetto: «Il fallimento di una banca si traduce in un particolare stato di sofferenza per i correntisti e può portare a problemi più ampi sul piano economico». Ancor peggio, l’esperienza ci ha insegnato che «quando le banche rischiano di fallire, i loro dirigenti mettono in atto comportamenti che implicano il rischio di far perdere ancora più soldi ai contribuenti». Ad esempio, possono fare scommesse: se vincono si tengono il ricavato, e se perdono pazienza, tanto sarebbero “morti” comunque. «Ecco perché abbiamo leggi che dicono che, quando il capitale di una banca è poco, questa deve essere chiusa». Perciò, «non aspettiamo che la cassa sia vuota». L’amministrazione Obama sembra proporre, come via d’uscita, uno “stress sotto sforzo” cui sottoporre le banche, per testarne la solidità reale, in base a modelli matematici. Problema: «Le banche dovevano sottoporsi esse stesse a questo tipo di test regolarmente. I loro modelli dicevano che tutto andava bene. Sappiamo che quei modelli hanno fallito. Quello che non sappiamo è se i modelli che userà l’amministrazione saranno migliori».
Obama prende tempo, sostenendo che gli stress-test non sono immediati. «E mentre aspettiamo, metteremo altri soldi in istituzioni che stanno fallendo, soldi buoni in cambio di cattivi, con un debito nazionale sempre maggiore». Gradualmente l’America sta capendo che deve agire subito, con ben maggiore determinazione. Una proposta innovativa? Sostenuta anche dal finanziere George Soros e da Willem Buiter alla London School of Economics, ribalta la prospettiva della “discarica finanziaria” e prevede, al contrario, la creazione di una good bank, una “banca buona”: «Invece di riversare gli asset tossici sul governo, dovremmo estrarre quelli buoni», dice Stiglitz, «quelli a cui si può facilmente assegnare un prezzo». Se il valore delle pretese dei correntisti è minore di quello degli asset, allora il governo Buiterfirmerà un assegno alla vecchia banca, la bad bank; se invece accade il contrario, sarà il governo a vantare una pretesa prioritaria nei confronti della vecchia banca.
«In tempi normali – ammette Stiglitz – sarebbe facile ricapitalizzare la banca “buona” privatamente. Ma questi non sono tempi normali, perciò il governo potrebbe dover gestire la banca per un po’ di tempo». Si dubita che il governo allochi il capitale in modo efficiente? Da che pulpito: il settore privato si è forse comportato bene? Anche lo Stato, finora, si è limitato ad assecondare le banche: «Nessun governo in tempo di pace ha sprecato tante risorse quante ne ha sprecate il sistema finanziario privato americano», accusa Stiglitz. «Gli incentivi di Wall Street erano studiati per incoraggiare un comportamento miope ed eccessivamente rischioso». Ben diverso se invece lo Stato si assume la responsabilità di una vera riforma finanziaria, assumendo il controllo diretto sulla sua gestione: «C’è ogni motivo per credere che una banca temporaneamente nazionalizzata si comporterà molto meglio – anche se la maggior parte dei dipendenti Sorossaranno comunque gli stessi – semplicemente perché avremo cambiato gli incentivi perversi».
L’esperienza maturata in altri paesi, compresi quelli scandinavi, dimostra che l’intera operazione può essere condotta bene. E quando alla fine l’economia torna alla prosperità, conclude Stiglitz, le banche in grado di fornire un utile potranno essere restituite al settore privato. «Non servono soluzioni mirabolanti». Le banche, semplicemente, «devono tornare a ciò a cui servono: prestare soldi, con prudenza, alle imprese e alle famiglie, sulla base di una valutazione buona – e non marginale – dell’utilizzo cui è destinato il prestito e della possibilità per chi lo ha ricevuto di restituirlo». Ogni fase di flessione prima o poi termina, confida l’economista Premio Nobel. «Alla fine, potremo vendere le banche ristrutturate a un buon prezzo», possibilmente «non basato sull’aspettativa esuberante e irrazionale di un’altra bolla finanziaria». A differenza dell’Eurozona “prigioniera”della Bce, l’America sembra aver capito che non si traggono benefici dalle manovre di “salvataggio”, che il settore finanziario cerca di spacciare per “investimenti”. «Almeno – conclude Stiglitz – possiamo usare i proventi della vendita finale delle banche ristrutturate per ripagare l’enorme deficit che questa débacle finanziaria avrà causato al nostro paese».
Fonte: libreidee.org

lunedì 18 marzo 2013

Il parlamento europeo boccia il bilancio Ue


- Paolo Pini -
L’europarlamento ha detto no al bilancio pluriennale su cui i paesi membri si erano accordati. Forse i cambiamenti saranno minimi, ma l’unica istituzione europea eletta dai cittadini ha mandato ai governi un segnale importante
Così è avvenuto ciò alcuni si auguravano, ma non osavano del tutto sperare.
Il parlamento europeo, la massima ed unica istituzione europea eletta direttamente dai cittadini dell’Europa, ha bocciato la proposta di bilancio pluriennale su cui i presidenti ed i governi dei paesi membri si erano accordati l’8 febbraio 2013, rivedendo al ribasso la proposta avanzata dalla Commissione europea nell’autunno del 2012.
La bocciatura è avvenuta ad ampia maggioranza: 506 voti contrari alla approvazione, 161 favorevoli, 23 astenuti. A parere del parlamento la proposta non può essere accettata in quanto è ritenuta troppo restrittiva per la gestione delle prossime politiche settennali.
Il parlamento ha sancito che il bilancio di austerità deciso dai 27 governi dell’Unione non è ricevibile dai rappresentanti eletti dai quasi 500 milioni di cittadini dell’Unione.
Sul carattere di austerità del bilancio pluriennale, ci siamo già occupati in un nostro intervento,Sette anni di austerity nei conti europei
Il Consiglio europeo aveva operato riducendo nel complesso il budget rispetto a quanto proposto dalla Commissione europea, che invece aveva formulato una ipotesi più espansiva. I tagli inoltre sono stati non distribuiti in modo proporzionale tra le varie voci di bilancio. Infatti erano limitati nelle voci “redistributive” del bilancio, sulle quali maggiori erano i rischi di veto da parte dei singoli paesi membri dell’Unione, quindi negli aiuti diretti alla produzione agricola ed alle politiche di coesione tra i paesi europei. Invece si erano concentrati nelle voci di “crescita” che supportano sia una domanda pubblica diretta da parte della Commissione europea sia la qualità della crescita e dello sviluppo centrato sulla conoscenza, ricerca ed innovazione, ovvero sulle voci che supportano direttamente la domanda aggregata e fattori di competitività comuni e collettivi. L’esatto opposto di quanto era nelle intenzioni della Commissione la quale, in una logica di bilancio di crescita, voleva premiare la “crescita” di tutti e penalizzare la “redistribuzione” a favore di pochi. Questo purtroppo non era una novità negli esiti del confronto tra Commissione europea e Consiglio europeo. Anche nel passato il Consiglio, che è espressione governativa dei paesi membri molto più di quanto lo sia la Commissione, aveva ridimensionato e riequilibrato il bilancio a fini redistributivi più che di crescita. La novità è stata che per la prima volta il Consiglio europeo era intervenuto, su pressione dei governi “euro-scettici” e con l’avvallo di quelli “pro-austerità” riducendo il valore assoluto del bilancio pluriennale rispetto non solo alla proposta della Commissione, quanto rispetto al bilancio pluriennale precedente 2006-2013.
Il parlamento europeo, con il suo voto del 13 marzo, ha bocciato questa scelta. Non è nuovo il parlamento ad inviare messaggi forti ai paesi membri ed al Consiglio europeo in particolare. Nel gennaio 2006, nella discussione sul budget pluriennale 2007-2013 il parlamento aveva espresso parere negativo.
Il parlamento aveva anche uno strumento procedurale da utilizzare: un quinto dei membri del Parlamento avrebbe potuto chiedere la procedura con voto secreto e questo avrebbe aperto la strada alla bocciatura. Il bilancio pluriennale deve essere approvato dalla maggioranza assoluta del parlamento, costituita da 378 parlamentari, e le assenza in aula come pure le astensioni contano come voto contrario. I parlamentari che fanno riferimento ai partiti che sono al governo nei singoli paesi, governi che nel Consiglio europeo si erano avvalsi della minaccia del diritto di veto tutelando interessi “redistributivi” piuttosto che di “crescita”, in presenza di voto secreto avrebbero potuto sentirsi meno vincolati al mandato governativo che poco pesano nel parlamento, oppure parlamentari governativi che ritengono che il loro paese abbia tratto pochi vantaggi redistributivi dalla soluzione raggiunta dal Consiglio europeo avrebbero potuto rigettare l’ipotesi di accordo. Al contempo i parlamentari che fanno riferimento ai partiti che non sono al governo nei singoli paesi avrebbero potuto confermare la loro preferenza per un bilancio più espansivo, e spesso, nell’attuale scenario dei governi dei singoli paesi europei, il loro orientamento è progressista piuttosto che moderato o conservatore.
Ma non vi è stato bisogno di tutta questa alchimia procedurale legata al voto secreto. Il parlamento ha proceduto a voto palese e la maggioranza dei no è stata schiacciante. Forse la crescente protesta verso la politica di austerità che attraversa il sud dell’Europa, ma ora anche il disagio sociale in alcuni paesi del nord Europa, ha costituito una pressione sui parlamentari per un no al bilancio pluriennale di austerità.
Ora cosa accade, dopo questo no? La strada è molto stretta, e non illudiamoci che il budget cambi in modo significativo.
Il parlamento pone quattro condizioni per la approvazione futura del bilancio, e manda le sue richieste per la discussione in seno al Consiglio europeo.
Le condizioni sono: 1) flessibilità nella gestione delle poste di bilancio da un anno all’altro e tra posta e posta; 2) la possibilità di revisione nel corso dell’esercizio; 3) maggioranza qualificata del Consiglio europeo e non l’unanimità nella fase di revisione; 4) maggiori risorse proprie per la gestione del bilancio che devono sommarsi a quelle messe a disposizione da parte degli stati membri.
La prima condizione conferirebbe alla Commissione europea maggiore flessibilità nella gestione del bilancio per adattare impegni e pagamenti in relazione alla situazione congiunturale dell’economia europea e alle priorità politiche ritenute rilevanti per la “crescita economica”, piuttosto che per la “redistribuzione tra paesi”. La seconda condizione assicurerebbe una revisione del budget pluriennale a metà esercizio al fine di adattarlo alla evoluzione di medio periodo dell’economia europea. Questa condizione è strettamente associata alla terza condizione, con la quale si prevede il superamento del veto da parte di alcuni paesi introducendo la procedura di revisione mediante maggioranza qualificata dei Paesi, riducendo così il potere dei paesi “euroscettici” che hanno lavorato con forza per indebolire il ruolo propositivo della Commissione europea nella definizione del budget. Infine, la quarta condizione intende accrescere le risorse a disposizione della Commissione prevedendo che una maggiori risorse possano provenire in via diretta mediante, ad esempio, la tassazione sulle transazioni finanziarie oppure la tassazione sulle emissioni inquinanti che sono responsabili dell’effetto serra.
Infine, un ulteriore aspetto critico su cui il parlamento è intervenuto è quello del gap tra impegni e pagamenti in quanto si segnala come questa pratica del deficit programmato rischi di porre in discussione la sostenibilità dei programmi di spesa che non hanno copertura totale, e che al contempo rendono inaccettabile la pratica di spostare a futuri esercizi l’onorabilità del debito contrattato. Si tratta quindi di una bocciatura del deficit strutturale che rischierebbe di portare a rivedere al ribasso gli impegni successivi.
Ora si apre una negoziazione tra Consiglio europeo, costituito dai presidenti e dai capi di governo dei paesi membri, da un lato, e parlamento europeo e Commissione europea, dall’altro. Non illudiamoci che il Consiglio riveda in modo significativo il bilancio pluriennale, almeno nei suoi valori assoluti, ma certo è che il parlamento europeo, unica istituzione europea eletta direttamente dai cittadini, ha mandato ai governi un segnale importante.
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