giovedì 31 ottobre 2013

Lavorare meno per guadagnare di più, di Serge Latouche

 latouche

I dati diffusi oggi sulla disoccupazione in Italia sono devastanti. Il tasso di disoccupazione italiano a settembre era al 12,5%, in aumento dell'1,6% rispetto all'anno scorso. La disoccupazione giovanile è salita al 40,4%. Le persone son sempre più scoraggiate. Il governo, i partiti, i sindacati non offrono nessuna risposta e sono incapaci di agire. La verità è che un modello economico e di sviluppo è al declino e il lavoro va completamente ripensato. L'economista Serge Latouche spiega come si è giunti all'apice della crisi, svela il falso mito della produttività e indica il suo percorso per una nuova economia a servizio delle persone e dei popoli.

"E' un paradosso affermare che siamo in crisi. Nel 1972 c'era una crisi ecologica, prima ancora nel maggio 1968 c'era stata una crisi culturale e i giovani sono ancora oggi in questo tipo di crisi. Venne il tempo della Thatcher e di Ronald Regan, una controrivoluzione neoliberista che ci ha portato a questa situazione. Siamo in una crisi sociale e, con il fallimento della Lehman Brothers, dal 15 settembre 2008 ci troviamo in una crisi economica. Tutte queste crisi si mescolano e generano una crisi di civiltà, la crisi della civiltà occidentale. Siamo solo all'inizio, la situazione peggiorerà nei prossimi mesi e anni.
Aveva ragione il vecchio Marx, non Karl, ma Groucho Marx, che diceva: "un bambino di 5 anni lo capirebbe già!". Sicuramente i nostri governi avrebbero bisogno di un bambino di 5 anni, perché capirebbe immediatamente che una crescita infinita è incompatibile con un pianeta finito. Un bambino lo capisce, ma noi no. In Francia, nel 2007, il nostro Presidente si è fatto eleggere con questo mantra: "lavorare di più per guadagnare di più". Questo slogan è di una stupidità totale! È totalmente contrario alla logica elementare e economica. Per tutti gli economisti la legge sacrosanta è la legge del mercato, dell'offerta e domanda, e allora se si lavora di più si fa aumentare l'offerta del lavoro e, siccome la domanda non è abbastanza forte, questo fa crollare il prezzo del lavoro, che si chiama stipendio. Non si dice di guadagnare di più, ma si dice che si deve lavorare di più! E l'Unione Europea chiede alla Francia di spostare l'età della pensione e il risultato è che lo stipendio è sempre più basso. Al contrario si potrebbe dire "lavorare di meno per guadagnare di più", ed effettivamente molti periodi nella storia sono stati così. Nel XIV secolo, dopo la peste nera, il numero di operai è crollato e gli stipendi sono aumentati notevolmente. Oggi ci sono milioni e milioni di disoccupati. Viviamo in un mondo (che qualcuno chiamava "l'Assurdistan") dove milioni di lavoratori lavorano sempre di più, troppo, impazziscono, si stressano, si suicidano, e altri milioni di persone invece non lavorano affatto. Lavorare meno è una delle misure per risolvere la disoccupazione, ma non è l'unica. Altre sono la rilocalizzazione e la riconversione ecologica, ma allora immediatamente l'economista dirà "ma come produrre"? Oggi la parola sacra nella Unione Europea, è "produttività" perché la nostra produttività è troppo bassa di fronte alla concorrenza cinese. "Dobbiamo congelare la concorrenza cinese" direbbe il bambino di 5 anni, purtroppo non abbiamo al governo un bambino di 5 anni. Userò una parola che fa scandalo sempre in Italia, ma che dobbiamo usare perché siamo in crisi, la parola è: "protezionismo". Dobbiamo essere protezionisti in modo intelligente: un protezionismo sociale per permettere a tutti di lavorare, un protezionismo ecologico, per salvare il pianeta, un protezionismo anche fiscale. Mettere la concorrenza, il libero scambio, è una forma di protezionismo, ma è il protezionismo più feroce dei predatori. Dobbiamo proteggere i deboli, il popolo! Non i predatori, non gli speculatori, non i finanzieri, non le banche, ma il popolo! Epoveri imprenditori! Soprattutto in Italia, dove ogni settimana alcuni si uccidono perché sono strangolati e se fanno un lavoro eticamente corretto sono ancora più strangolati!
La crisi può essere il momento di opportunità per portare avanti un progetto alternativo. La sinistra, come è istituzionalizzata non ha più nessuna speranza. Sono sempre stato un uomo di sinistra, ma penso che soltanto un movimento dal basso può reinventare la politica, che non ci si può salvare con questi partiti corrotti e che non si sa se la politica di domani dovrà passare attraverso dei partiti.
La cosa importante è avere un orizzonte di senso e l'orizzonte di senso deve essere uscire dall'economia e introdurre lo spirito del dono." Serge Latouche

Ringraziamo per la collaborazione Jaca Book, casa editrice di Incontri di un «obiettore di coscienza» di Serge Latouche
Fonte : http://www.beppegrillo.it/2013/10/lavorare_meno_per_guadagnare_di_piu_di_serge_latouche.html?s=n2013-10-31

lunedì 14 ottobre 2013

Passaparola- Il Partito dei Pirati svedese e la forza del chicco di riso-Christian Engstrom

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Nella Convenzione europea per i diritti umani c’è l’articolo 10 sulla libertà d’informazione: Abbiamo il diritto di inviare e ricevere informazioni senza interferenze da parte delle autorità e senza limitazioni di frontiere. Tutto questo è sotto attacco, perché ci sono molte proposte per bloccare, censurare, filtrare internet. L’articolo 8 della Convenzione europea stabilisce che abbiamo diritto ad una vita privata e ad una corrispondenza privata; cose ancora più a rischio, perché sono tanti quelli che vogliono spiare ciò che facciamo: ispezioni, sorveglianza, c’è una direttiva sulla conservazione dei dati, e naturalmente le rivelazioni, grazie a Edward Snowden, su quello che sta facendo la NCI, l’Agenzia per la Sicurezza americana, insieme ai governi europei.
Christian Engstrom
Mi chiamo Christian Engstrom e sono membro dell’europarlamento per il Partito dei Pirati della Svezia.
Penso che internet sia la cosa più fantastica che potesse succedere in politica. Fa sì che un normale cittadino possa impegnarsi, interessarsi, e fare la differenza; ciò è fantastico. è la cosa più importante che sia accaduta nella nostra società dopo l’invenzione della stampa; ma in particolare per la democrazia è magnifico. Sono stato un programmatore informatico, un imprenditore; poi mi sono interessato ad un particolare dossier europeo: i brevetti nel software, e sono entrato in contatto con una rete di attivisti europei che lavoravano su questa specifica direttiva. Abbiamo lavorato tantissimo nel corso di due anni, eravamo un gruppo di attivisti provenienti dai diversi Paesi europei, e abbiamo vinto.
Noi lavoriamo per proteggere i diritti fondamentali su internet: questo è il ‘cuore’ della nostra missione.
Siamo il Partito dei Pirati, siamo a favore della condivisione di file, ma naturalmente nessuno sano di mente fonderebbe un partito solo per la condivisione di file; ora ce l’abbiamo, funziona perfettamente, ma il problema è che, nel tentativo di bloccare questa condivisione dei file, sono sotto attacco i nostri diritti fondamentali.
Le istituzioni europee, la Commissione europea, fanno tante consultazioni, chiedono apertamente e tutti possono rispondere e dire quello che pensano sui diversi argomenti. Il problema è che, raccolte tutte le risposte, quello che succede di solito qui a Bruxelles è che si cominciano ad ascoltare le lobby delle grandi aziende e, 99 volte su 100, la commissione proporrà quello che dicono le lobby.
Il Partito dei Pirati svedese è nato il primo gennaio 2006. è stato fondato da Rick Falkvinge. E’ bastato sentire il nome per capire esattamente di cosa si trattava, e non è stato possibile per me rimanerne fuori: in ragione del mio passato da attivista aderirvi è stato assolutamente naturale. Così ho acceso il computer, mi sono collegato al sito, e sì, il programma era esattamente quello che mi aspettavo, e poi le cose sono andate avanti. Nel giugno del 2009 abbiamo preso il 7% nelle elezioni europee, che ci hanno dato 2 seggi nel parlamento europeo.
Il nostro successo più grande, secondo me, è stato lo stop di ACTA*.
Le ragioni di questo successo risiedono nel fatto che centinaia di persone, dappertutto in Europa, sono scese in strada; tante persone hanno scritto email ai membri del Parlamento europeo. E’ facile pensare “Sono solo un cittadino qualsiasi, quello che faccio non è di nessuna importanza”, è sbagliato, perché la differenza che fa è grande, in particolare nel Parlamento europeo, perché i membri del Parlamento europeo non stanno agli ordini del partito, sono indipendenti nelle decisioni che prendono, e quando vedono che i cittadini hanno davvero a cuore qualcosa, ne tengono conto. Dal 2009 al 2012 noi abbiamo lavorato su ACTA qui, dentro il Parlamento, abbiamo continuato comunque e abbiamo provato a dire alla gente fuori cosa stava succedendo, in modo che gli attivisti interessati potessero seguire gli eventi, ed è stato questo che ha reso possibili, al momento opportuno, le dimostrazioni.
E’ come nel film Mulan” della Disney dove l’imperatore dice: “Il risultato di questa guerra può dipendere da un singolo soldato o da un chicco di riso”, nel caso di ACTA, noi siamo stati quel chicco di riso. Noi, il Partito dei Pirati, abbiamo una proposta per legalizzare la condivisione dei file e una per riformare il copyright.
Quando sono arrivato al Parlamento europeo mi sono unito al gruppo dei verdi come indipendente e abbiamo riportato un grande successo: abbiamo convinto il gruppo dei verdi ad adottare la nostra politica sulla condivisione dei file come loro linea ufficiale qui, nel Parlamento. E’ vero, i verdi hanno solo il 7% dei seggi nel parlamento, ma il fatto che siamo qui, all’interno, in grado di parlare con gli altri quotidianamente, vuol dire che abbiamo la possibilità di condividere le nostre idee; che è l’unico modo di arrivare ad ottenere qualcosa, in politica. E’ ovvio che da soli non arriveremo mai ad avere la maggioranza, quindi possiamo vincere solo se altri partiti rubano il nostro programma, copiano le nostre idee; è su questo che stiamo lavorando: è molto incoraggiante esserci riusciti con almeno un gruppo. Oggi internet è l’infrastruttura di informazioni più importante che abbiamo e deve essere trattata seriamente, come una parte del mondo, perché di questo si tratta.
Perché la democrazia funzioni, c’è bisogno di una cittadinanza attenta, che non può esserci laddove manca l’informazione.
(*)L'Anti-Counterfeiting Trade Agreement (meglio noto come ACTA) è un accordo commerciale plurilaterale volto a dettare norme più efficaci per contrastare la contraffazione e la pirateria informatica, al fine di tutelare copyright, proprietà intellettuali e brevetti su beni, servizi e attività legati alla rete.
Il 4 luglio 2012 il Parlamento europeo ha definitivamente respinto il trattato di anticontraffazione ACTA: 478 deputati hanno votato contro, 39 a favore e 165 si sono astenuti.
Intervista realizzata da Francesco Attademo

domenica 13 ottobre 2013

La Repubblica italiana è una Corporation quotata alla borsa americana (SEC).



Leggete ascoltate e capirete, come si è sempre scritto, per i Rothschild siamo carne da macello dato che ci hanno venduti al mercato degli schiavi.

Chi sarà il nostro prossimo padrone?

Articolo e filmato tratto da StampaLibera.

Postato da Belli Corrado

Contro ogni previsione




A dispetto di ogni previsione e tentativo di annientamento, i popoli indigeni del mondo continuano a vivere e a proiettarsi nel futuro rivendicando il proprio posto nel mondo moderno.



MARIJUANA – TEL AVIV NUOVO STUDIO SULLA SCLEROSI MULTIPLA


Marijuana- sclerosi
AD AFFERMARLO SONO ALCUNI STUDIOSI DI TEL AVIV.E’ illegale e spesso però si accendono periodicamente dibattiti per la sua legalizzazione; c’è chi motiva il si al suo regolare commercio per strapparla dal monopolio della criminalità organizzata, c’è chi invece ne evidenzia le proprie capacità terapeutiche. Stiamo parlando della cannapa o marijuana, che dir si voglia, non sempre etichettata come un male assoluto anche dallo stesso mondo medico. Per esempio, è di questi giorni la notizia secondo cui, un team di scienziati della Tel Aviv University, in Israele, hanno concluso, dopo un accurato studio, che varie sostanze presenti nella marijuana potrebbero essere utilissime nella cura della sclerosi multipla. In particolare, gli scienziati israeliani hanno evidenziato che alcuni composti chimici della marijuana potrebbero allontanare il rischio di infiammazione nel cervello e nel midollo spinale.“L’infiammazione fa parte della risposta naturale del sistema immunitario dell’organismo. Il nostro studio ha cercato di capire come alcuni composti isolati nella marijuana potrebbero essere usati per regolare questa infiammazione e proteggere il sistema nervoso e le sue funzioni” ha detto Ewa Kozela, coordinatore dello studio.
>Fonte< 
Redatto da Pjmanc http:/ ilfattaccio.org

FINALMENTE E’ UFFICIALE : LA CANNABIS HA PROPRIETA’ MIRACOLOSE

IN UNO STUDIO PUBBLICATO SUL WEB
Dal, National Cancer Institute (sito governativo), si mettono finalmente nero su bianco (ma soprattutto ufficialmente) le grandi caratteristiche di questa pianta.I cannabinoidi sono un gruppo di 21 composti terpenofenoli prodotti unicamente dalla Cannabis sativa e dalla Cannabis indica. [1,2] Questi composti derivanti dalla pianta possono essere indicati come phytocannabinoidi. Anche se il delta-9-tetraidrocannabinolo (THC) è il principale ingrediente psicoattivo, vi sono altri composti noti che hanno attività biologica tipo: il cannabinolo, il cannabidiolo, il cannabicromene, il cannabigerol, il tetrahydrocannabivirin, e il delta-8-THC. Il cannabidiolo, ha la caratteristica di avere una significativa attività analgesica e anti-infiammatoria senza l’effetto psicoattivo (alto) del delta-9-THC.

GLI EFFETTI ANTI TUMORALI
Uno studio su topi e ratti indica che i cannabinoidi hanno un effetto protettivo contro lo sviluppo di alcuni tipi di tumori. [3] Nel corso di questo studio di 2 anni, i gruppi di topi e di ratti hanno ricevuto varie dosi di THC attraverso una sonda gastrica. Nei topi, venne osservata, una riduzione sull’incidenza dei tumori epatici e sui carcinomi epatocellulari. Una minore incidenza dei tumori benigni (polipi o adenomi) negli altri organi (mammelle, utero, ghiandola pituitaria, testicoli e pancreas) vennero anche osservati nei ratti. In un altro studio, il delta-9-THC, il delta-8-THC, e il cannabinolo si sono dimostrati utili nell’inibire la crescita del carcinoma del polmone di Lewis in vitro ed in vivo. [4] Inoltre, altri tumori sono risultati sensibili agli effetti inibenti di questa pianta. [5-8]I cannabinoidi possono causare effetti antitumorali attraverso vari meccanismi: inducendo la morte cellulare, interropendo la crescita cellulare, e attraverso l’inibizione dell’angiogenesi tumorale e della metastasi. [9-11] I cannabinoidi sembrano uccidere le cellule tumorali lasciando intatte quelle sane proteggendole, addirittura, da quelle cancerogene. Questi composti hanno dimostrato di indurre l’apoptosi nei glioblastomi sotto coltura e indurre la regressione degli stessi nei topi e nei ratti. I cannabinoidi proteggono le normali cellule gliali astrogliale e oligodendrogliali dall’ apoptosi mediata dal recettore CB1. [10,11]In un modello in vivo utilizzando topi con una grave immunodeficienza, vennero generati dei tumori sotto cutanei inoculando gli animali con cellule tumorali (del polmone) umane [12]. La crescita del tumore è stata ridotta del 60% nei topi trattati con il THC rispetto ai topi che componevano il gruppo di controllo. I campioni di tumore hanno rivelato che il THC ha avuto effetti antiangiogenici e antiproliferativi.Inoltre, sia i cannabinoidi di origine vegetale che quelli endogeni sono stati studiati per i loro effetti anti-infiammatori. Uno studio sui topi ha dimostrato che sistema cannabinoide endogeno fornisce una protezione intrinseca contro l’infiammazione del colon. [13] Come risultato, è stata promulgata l’ipotesi che i phytocannabinoidi e gli endocannabinoidi potrebbero essere utili nella lotta al cancro colon/rettale [14].Un altro studio ha dimostrato che il delta-9-THC è un potente agente antivirale selettivo contro il sarcoma di Kaposi (KSHV). [15] I ricercatori hanno concluso, garantendo un maggior approfondimento sugli studi dei cannabinoidi e degli herpesvirus, poiché essi porteranno allo sviluppo di farmaci che inibiscono la riattivazione di questi virus oncogeni. Successivamente, un altro gruppo di ricercatori ha riportato un aumento nell’efficienza dell’infezione umana KSHV nelle cellule dermiche microvascolari epiteliali in presenza di basse dosi di delta-9-THC [16].

STIMOLAZIONE DELL’APPETITO
Molti studi sugli animali hanno già dimostrato che il delta-9-THC e gli altri cannabinoidi hanno un effetto stimolante sull’appetito e sull’assunzione di cibo. Si ritiene che il sistema dei cannabinoidi endogeni possa servire come regolatore del comportamento alimentare. Il cannabinoide endogeno anandamide, potenzia notevolmente l’appetito nei topi. [17] Inoltre, i recettori CB1 nell’ipotalamo potrebbero essere coinvolti negli aspetti motivazionali e appaganti del mangiare [18].


ANTI DOLORIFICO
La comprensione del meccanismo attraverso cui i cannabinoidi inducono l’analgesia (assenza di dolore) è aumentata grazie allo studio dei recettori dei cannabinoidi, gli endocannabinoidi, e degli agonisti e antagonisti sintetici. Il recettore CB1 è presente sia nel sistema nervoso centrale (SNC) che nelle sue terminazioni nervose periferiche. Simile ai recettori degli oppioidi, livelli molto alti del recettore CB1 sono stati trovati nelle sezioni del cervello che regolano il processo nocicettivo [19]. Il recettore CB2, che si trova principalmente nei tessuti periferici, esiste a livelli molto bassi nel sistema nervoso centrale. Con lo sviluppo degli antagonisti dei recettori specifici, sono state ottenute ulteriori informazioni sul ruolo dei recettori cannabinoidi endogeni e sulla gestione del dolore. [20,21]



Fonte originale: cancer.gov
Redatto da Pjmanc:  http://ilfattaccio.org

Deindustrializzare: vi spieghiamo perché dal 2007 ad oggi la produzione industriale italiana è crollata del 20 per cento

di Loretta Napoleoni
Si salvi chi può, ecco il motto degli imprenditori italiani travolti dalla deindustrializzazione. In Eurolandia solo la Finlandia condivide questo triste destino. I motivi, secondo la Commissione europea, sono legati all’aumento del salario lordo ed alla bassa competitività del Made in Italy. Ma pesa anche il costo energetico (il più alto dell’Unione insieme a Cipro), l’eccessiva burocrazia e il basso livello d’investimenti nella ricerca e nello sviluppo. Ecco spiegato perché dal 2007 ad oggi la produzione industriale italiana è crollata del 20 per cento.
Di fronte alla nave che affonda chi sa nuotare si getta in acqua per raggiungere la terra ferma. È quello che hanno cercato di fare le 682 imprese che hanno risposto all’invito del sindaco di Chiasso, per partecipare a un incontro sulla possibilità di trasferirsi in Svizzera. Ne sono state selezionate per l’incontro 168.Tutto ciò succede nella stessa settimana in cui due colossi italiani Telecom ed Alitalia, e presto anche sezioni di Finmeccanica, vengono svenduti sul mercato internazionale ai partner-concorrenti stranieri, rispettivamente Telefonica ed Air France-Klm. Partner che esercitano opzioni loro concesse anni fa dal management italiano. Queste sono le ultime di una lunga lista di imprese prestigiose – dalla Ducati alla Plasmon fino alla Fiat, ormai trasferitesi negli Stati Uniti – a diventare di proprietà straniera.
Viene spontaneo chiedersi se le piccole e medie imprese italiane varcano il confine per paura di finire anche loro fagocitate dai concorrenti stranieri. Timore razionale: con la pressione fiscale più alta in Europa, costi di produzione astronomici ed una burocrazia da terzo mondo, lavorare bene in Italia ed essere competitivi non è più possibile.
In Svizzera invece la situazione è diametralmente opposta: l’Iva è ancora ferma all’8% – in Italia si discute se portarla al 22%. La pressione fiscale media sulle imprese è del 17,1%, quella complessiva è meno della metà del 68,3% imposto alle aziende italiane. Chi investe a Chiasso, come in tutto il Ticino, e assume lavoratori locali, ha la possibilità di ottenere rimborsi sugli oneri sociali. Infine, chi punta in settori innovativi, come quelli tecnologici, ha anche qui la possibilità – poi tutto varia da caso a caso – di ottenere aiuti sugli investimenti. La deindustrializzazione colpisce tutte le imprese ed è frutto per le piccole della pessima gestione dell’economia e per le grandi della ancor peggiore conduzione manageriale da parte di individui scelti dai politici egualmente incompetenti. Le disavventure di Alitalia ben illustrano questa situazione. Vale la pena rinfrescarsi la memoria a riguardo.
Nel 2008 i francesi offrirono 6,5 miliardi di euro per gli investimenti necessari a far ripartire l’impresa in cambio del pacchetto di maggioranza dell’azienda. Berlusconi, allora in campagna elettorale, disse di no e guidò l’Operazione Fenice alla quale parteciparono alcuni suoi “accoliti” industriali e manager con lo scopo di far rimanere italiana l’Alitalia. Risultato: oggi l’Alitalia trasporta circa 25 milioni di passeggeri, meno di un quarto di quelli di Lufthansa e meno di un terzo di quelli della compagnia low cost Ryanair e del gruppo franco-olandese Air France-Klm. Un disastro!
Lo Stato italiano ha buttato quattro miliardi di euro per sanare il fallimento della compagnia di bandiera. La cordata di imprenditori capitanata da Roberto Colaninno e Intesa Sanpaolo ha perso un altro milione e le leggi ad hoc varate dal governo Berlusconi sulla chiusura del mercato, con il divieto d’intervento per l’Antitrust sulle tratte monopolistiche detenute dalla nuova Alitalia, non hanno funzionato. Il destino triste dell’industria italiana è segnato dall’inettitudine della sua classe politica. Trasferirsi in Svizzera, per molti, è l’unica alternativa al declino.
Saldi all’italiana
Nel 1992, dopo la svalutazione, Mario Draghi, allora direttore generale del Tesoro, guida i primi saldi all’italiana sul mercato internazionale. Multinazionali angloamericane, ma anche francesi e svizzere, arrivano in Italia per «fare shopping»: vanno in cerca di società, specialmente agroalimentari e di meccanica di precisione, da comprare a poco prezzo. La Nestlé, per esempio, compra l’Italgel per 680 miliardi di lire contro una valutazione di 750. Anche i giganti italiani guadagnano dallo smembramento del patrimonio nazionale: il gruppo Benetton si aggiudica per 470 miliardi GS autogrill, che poi rivende ai francesi di Carrefour GS per 10 volte tanto. Viene privatizzata totalmente la Telecom, oggi fagocitata dalla Telefonica spagnola, e parzialmente l’Enel e l’Eni.
La svendita del Made in Italy non porta, come era stato promesso, al miglioramento dei conti pubblici ma contribuisce al processo di deindustrializzazione che oggi preoccupa la Commissione Europea. Nel 1994 il debito pubblico ammontava a 1.771.108 miliardi di lire mentre il gettito generato dalle privatizzazioni per il triennio 1993-1995 fu di di appena 27.000 miliardi, meno dell’1,5 per cento.
letto su: Oltre la Coltre
Fonte: www.caffe.ch

Un paese disarmato è possibile? L’esempio della Costa Rica

di Cristina Idone
QUANDO LE SPESE MILITARI SPARISCONO - L’abolizione dell’esercito è sempre sembrato un sogno illusorio, un’utopia auspicabile solo da “fricchettoni” pacifisti, ignari dei rapporti internazionale da dover mantenere. Ma c’è un Paese, la Costa Rica, che lo ha fatto sessant’anni fa  per opera di José Figueres Ferrer, coriaceo figlio di catalani emigrati in America. Il 1° dicembre1948, il paese era uscito da poco da una  guerra civile, che aveva provocato centinaia di morti. In breve, dopo due mesi di combattimenti, il socialdemocratico Ferrer assunse la direzione del governo provvisorio, nazionalizzò le banche e annunciò l’abolizione dell’esercito.
Dopo la firma del decreto legge, il presidente del governo provvisorio si recò alla caserma Bellavista, situata nella capitale San José e davanti alla folla, con una mazza, colpì simbolicamente il muro della caserma. Lo stesso giorno, Ferrer offrì la caserma Bellavista all’università della Costa Rica, che la trasformò in un museo. In questo gesto simbolico è racchiuso il motivo principale dell’abolizione dell’esercito: eliminare le spese militari per aumentare i fondi destinati all’istruzione e per migliorare le condizioni sanitarie di questo Paese. In effetti, attualmente la Costa Rica ha un tasso di alfabetizzazione del 96% e la speranza di vita, di quasi settantasette anni, è quella più alta in tutta l’America Latina.
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IL POPOLO E’ D’ACCORDO - Da quando la Costa Rica ha deposto le armi non ci sono state né invasioni né guerre, nonostante l’America Centrale si possa sicuramente considerare una “zona calda” del mondo. Ad oggi, infatti, lo sforzo più grande per la Costa Rica è quello di mantenere questa cultura pacifista in un’area martoriata da continui conflitti. «Smettiamo di comprare armi per pagare più professori e più medici» non si è rivelato solo uno slogan sterile e retorico. Secondo la fondazione Arias per la pace e per il progresso umano, la soppressione delleforze armate permette di finanziare  le università pubbliche e tre interi ospedali.
map-costa-ricaEsiste però anche un rovescio della medaglia. Rosibel Salas Herrera, vicedirettrice di un istituto tecnico nella regione del Coto Brus, riconosce l’efficienza del sistema d’istruzione, ma ne critica le diseguaglianze. Mentre nella capitale gli studenti dispongono di computer e biblioteche, ritiene che nella regione in cui lei lavora la situazione non sia altrettanto edificante: i bambini sono costretti a seguire le lezioni in aule fatte di lamiere.
Nonostante ciò, nessuno pensa di rimettere in discussione la rinuncia delle spese militari. Per citare un avvenimento emblematico, solo nel 1985 l’America Centrale è stato teatro delle guerre in Guatemala, nel Salvador e in Nicaragua. Così, di fronte alla minaccia che il pericolo potesse raggiungere anche la Costa Rica, il governo aveva un’inchiesta tra la popolazione per sapere se fosse favorevole o no al ripristino delle forze armate. Ebbene, ben il 90% degli intervistati si è rivelato contrario.
billete de diez mil colones
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L’ECONOMIA DELLA CULTURA - La Costarica è così diventato l’esempio di un Paese che ha costruito sull’assenza dell’istituzione militare la base per il suo sviluppo: è al 48° posto al mondo negli indici di sviluppo, mentre gli altri stati dell’America Centrale sono dietro ai primi cento. Qui le piazze, i monumenti e le vie non ricordano guerre o battaglie, ma i solidi principi su cui si basa questo  Paese:  piazza della Cultura, parco della Pace, la rotonda delle Garanzie Sociali si possono citare come esempi.
478017-soldati-di-un-esercito-in-marcia-in-parataProbabilmente anche l’Italia potrebbe considerare questa come alternativa adatta per la riduzione del debito pubblico e il risanamento del pareggio di bilancio prendendo esempio dall’unico Paese al mondo che il giorno di festa nazionale fa sfilare gli studenti anziché i soldati. Le cifre riguardanti i soldi spesi dall’Italia nelle cosiddette “missioni di pace” rivelano un impegno di non poco conto in relazione ai sacrifici a cui sono chiamati gli italiani. E non solo in relazione all’aumento della pressione fiscale, ma anche ai tagli in settori sociali di primaria importanza quali istruzione, sanità ed altri.
Ma se il modello inaugurato più di cinquant’anni fa da Pepe Figueres  Ferrer ha portato la Costa Rica ad essere tra i primi posti  negli indici di sviluppo mondiale, cosa aspettano Stati europei come Grecia, Spagna, Portogallo a seguire l’esempio di questo piccolo ma democratico Stato?
letto su: Oltre la Coltrefonte: Daily Storm

martedì 1 ottobre 2013

"In fuga dal Senato"

Franca, la donna con la quale ho trascorso quasi tutta la mia vita e che da qualche mese mi ha lasciato, ha detto e ripetuto, nei suoi scritti e negli interventi sia in teatro che in dibattiti pubblici, che noi stiamo vivendo in una società il cui programma fondamentale è: disinformare. Cioè attraverso la gran parte degli interventi televisivi, radiofonici, giornalistici, arrivare a ubriacare un pubblico a forza di fandonie e notizie scandalistiche ad effetto per giungere a ipnotizzare la gente dentro una caterva di interventi banali, vuoti di ogni valore culturale e soprattutto manipolati, cioè falsi.
Perciò Franca ha voluto lasciare soprattutto ai giovani e in particolare alle donne questo scritto, frutto di un’esperienza che parte dalla sua giovinezza, dalle lotte sociali, gli interventi contro lo sfruttamento del lavoro spesso mafioso, contro le guerre di conquista camuffate da battaglie per la pace ma tempestate di cadaveri... Fino alla sua ultima esperienza, quella in Senato, e alle sue sofferte dimissioni. Dario Fo
Il Passaparola di Dario Fo.
Un benvenuto a tutti quanti. Sono qui per presentarvi un libro scritto da Franca, la donna con la quale ho trascorso quasi tutta la mia vita e che da qualche mese mi ha lasciato. Ci ha lasciato, figli, nipoti, amici... tanti amici, e in tutti noi che le volevamo bene, e siamo in tanti, ha lasciato un gran vuoto, davvero incolmabile. Ma prima di lasciarci, Franca ci ha regalato una memoria di sé, una specie di diario, a mio avviso e anche a giudizio di quanti l’hanno letto in questi giorni, molto bello, soprattutto importante. Perché importante? Perché oltre all’ironia e al sarcasmo verso molti personaggi innominabili della nostra storia più o meno recente, ci dà informazioni spesso inedite ed essenziali per capire in che folle mondo stiamo vivendo specie qui nel nostro paese: l’Italia.
Ma Franca, attenti, con questo libro di denuncia non ha voluto far scandalo, ha voluto informare... Lei ha detto e ripetuto, nei suoi scritti e negli interventi sia in teatro che in dibattiti pubblici, che noi stiamo vivendo in una società il cui programma fondamentale è: disinformare. Cioè attraverso la gran parte degli interventi televisivi, radiofonici, giornalistici, arrivare a ubriacare un pubblico a forza di fandonie e notizie scandalistiche ad effetto per giungere a ipnotizzare la gente dentro una caterva di interventi banali, vuoti di ogni valore culturale e soprattutto manipolati, cioè falsi.
Perciò Franca ha voluto lasciare soprattutto ai giovani e in particolare alle donne questo scritto, frutto di un’esperienza che parte dalla sua giovinezza, dalle lotte sociali, gli interventi contro lo sfruttamento del lavoro spesso mafioso, contro le guerre di conquista camuffate da battaglie per la pace ma tempestate di cadaveri... Fino alla sua ultima esperienza, quella in Senato, e alle sue sofferte dimissioni.
Sia chiaro, Franca non ha accettato d’entrare in Senato per provare qualcosa di diverso, gratificante, e soprattutto non ha pensato di guadagnarsi l’accesso grazie alla designazione di un leader padrone di un partito che sceglie i degni di tanto onore e stipendio secondo quello che gli garba... “Tu mi stai simpatico, hai una bell’aria di servitore di fede, voglio dire fedele e compiacente... vai, ti faccio onorevole! E anche te bella figliola... tu da che schieramento politico vieni? Come? Li hai passati tutti? Simpatica... accomodati sulla tua poltrona... e tu...? Sei pulito? Intendo giuridicamente... hai condanne per furto, truffa, affari loschi... Molte? Beh, vedremo di rimediare..Io so come si fa. accomodati...” “Vengo anch’io” “No, tu no... mi stai antipatico, tirati più in là...” “Perché?” “Perché così mi va!... Un momento, chi è quella bella ragazza che è con te.... La tua figliola? Beh, torna qua!”
Stavo dicendo che Franca è arrivata in Senato grazie al voto ottenuto dalla gente: mezzo milione di preferenze ha ricevuto. E soprattutto ha accettato l’incarico convinta di poter essere utile a quella stragrande popolazione che da anni si aspetta leggi non ad personam ma per tutti, specie per i non abbienti, spesso privi di ogni tutela... per riuscire a far rispettare il diritto ad un lavoro dove le morti bianche siano finalmente cancellate... il conflitto d’interesse, l’accoglienza civile degli emigranti..
A proposito, mi dimenticavo di dirvi il titolo di questo suo memoriale, eccovelo: In fuga dal Senato. Sulla copertina del libro ho dipinto un’immagine di Franca che in bicicletta se ne esce da Palazzo Madama, pedalando nell’aria felice.
Bene, a questo punto non mi resta che leggervene un brano in particolare. Per darvi un’idea del taglio narrativo e della violenza drammatica che in molti casi viene prodotta in questi scritti vi offriamo un capitolo: L’uranio impoverito produce leucemia ma i militari ne sono immuni per legge. Eccovelo:
La battaglia che in Senato mi ha maggiormente coinvolta è senz’altro quella a proposito dell’uranio impoverito. Fin dal tempo della guerra nella ex Iugoslavia e in Kosovo i nostri ragazzi arruolati nell’esercito si sono trovati in terre dove sono state compiute violenze indicibili, la più feroce delle quali è stata la pulizia etnica perpetrata dai serbi nei confronti dei bosniaci. Pensiamo alle donne aggredite e violentate perché dessero alla luce figli «bastardi» rifiutati anche dalle loro famiglie di appartenenza.
Nel nostro ufficio al Senato è arrivato a fine settembre 2006 il dottor Domenico Leggiero, ex pilota di guerra e socio fondatore dell’Osservatorio militare, un comitato di studio, ricerca e individuazione delle possibili soluzioni alle problematiche afferenti (scusate il linguaggio un po’ erudito) la tutela e il riconoscimento dei diritti del personale delle forze armate. Egli mi parla delle condizioni attuali delle vittime dell’uranio impoverito, delle loro famiglie, delle sofferenze per la morte di giovani soldati, del silenzio delle istituzioni e dei media. Le parole gli escono di bocca spesso a fatica, è completamente coinvolto in questa terribile vicenda. Mi chiede di attivarmi affinché si instauri velocemente una commissione d’inchiesta su questa sciagura. Quando ci salutiamo ho addosso un senso di impotenza e disperazione. Mi attivo subito perché questa commissione venga creata.
Il presidente del Senato Marini sancirà l’esistenza della commissione a novembre ma, nonostante le richieste, per riunirsi bisognerà aspettare tre mesi. Perché? Ma è risaputo, questo è il decalogo fondamentale per il comportamento in Senato: cioè aspettare, rimandare, dilazionare, attendere tempi migliori all’infinito. Alla prima riunione del 13 febbraio 2007 siamo tutti presenti: 21 senatori. Eleggiamo presidente Lidia Menapace.
Decido di rivolgermi direttamente a lei per porre fine allo strazio delle numerose famiglie delle vittime che, da mesi e mesi, subiscono il grave sopruso del silenzio: giovani spesso in fin di vita dimenticati dalla Commissione difesa, abbandonati economicamente dallo Stato. Qui prendo fiato e alzo il volume della voce per dire: «Bisogna assolutamente iniziare a lavorare sul serio: basta con i rinvii!».
Arriviamo a marzo 2007. È passato quasi un mese e in serata ho avuto la rara possibilità di intervenire a proposito dell’uranio impoverito durante la trasmissione Caterpillar, di Radio2. Il conduttore mi chiede: «Cos’è questo uranio impoverito e da dove viene?».
Rispondo: «È un metallo pesante, radioattivo, ad alta capacità piroforica e con un bassissimo contenuto di plutonio che lo rende perfetto per costruire ordigni bellici. Quel materiale, prelevato ed esaminato dagli americani dopo un’esplosione, ha evidenziato la presenza di un particolato talmente sottile in grado di procurare seri danni a chi, mancando di protezione, lo respira: cancro, leucemie, gravissime patologie e malformazioni nella prole. In poche parole guai a mettere incinta la propria moglie, la propria amante o la fidanzata, si rischia di mettere al mondo dei piccoli malformati».
La trasmissione continua con un altro mio intervento, nel quale ricordo che i Balcani si sono dimostrati un teatro di guerra diverso da quello iracheno, ma altrettanto importante dal punto di vista della «sperimentazione attiva»: si calcola che 30.000 tonnellate di uranio impoverito siano state scaricate sul suolo della ex Repubblica di Iugoslavia. Le truppe americane sono equipaggiate con indumenti particolarmente protettivi. I nostri militari invece se ne vanno in giro per quelle terre indossando magliette leggere, così come leggera è la stoffa dei pantaloni.
Scrive a questo proposito il quotidiano «la Repubblica»:
Siamo in missione di pace! Già, missione di pace, come se ci fosse bisogno dei soldati dove c’è pace. Le leve del grande burattinaio si sono mosse, l’opinione pubblica sa solo ciò che deve sapere, pacifisti o militaristi, americani o antiamericani. Intanto i nostri soldati, che non possono e non devono porsi questi problemi, eseguono gli ordini e vanno a occupare tutte quelle zone lasciate a chi, come al solito, arriva per ultimo. Non potevano più scegliere, gli unici posti liberi erano quelle latrine dentro le quali erano finite 30.000 tonnellate di merda allo stato puro. I nostri soldati si sono schierati lì e da lì, uno alla volta, sono rientrati portando con sé la morte. Eccovi alcuni dei loro nomi: Salvatore Vacca, Andrea Antonaci, Corrado Di Giacobbe, Giuseppe Benetti, Luigi D’Alessio, Fabio Cappellaro, Filippo Pilia e tanti, tanti altri fino ad arrivare a domenica scorsa, quando alle 15.30 del pomeriggio, all’Oncologico di Milano, si spegne la quarantaseiesima vittima dell’uranio impoverito: Giorgio Parlangeri, 28 anni, due missioni nei Balcani, cancro ai polmoni. I professori dell’équipe medica, dopo aver visitato i militari ammalati, hanno sentenziato: «Affetti da morbo letale». Ma si sono ben guardati dall’indicarne la causa e la provenienza. Nessuna allusione all’uranio.
Il giorno dopo ho partecipato con Carlotta, la mia assistente, a un’assemblea organizzata dal sindacato all’interno del ministero dell’Economia e delle Finanze, in via XX Settembre, proprio a casa di Tommaso Padoa-Schioppa. Sono stata accolta con molta simpatia. Mi hanno addirittura applaudita. Che bizzarria.
In quella serata mi hanno dato l’occasione di prendere la parola e trattare ancora dell’uranio impoverito. Ho raccontato dei giovani nostri militari che ho conosciuto di persona, quasi tutti provenienti dal Kosovo, dove si sono ammalati di leucemia, e ho ribadito come quasi tutti i medici dell’esercito tendano a minimizzare il problema e a farlo archiviare come accidentale. Al contrario, i medici responsabili delle truppe americane hanno stampato e distribuito dei dvd dove descrivono scientificamente come si possano identificare gli oggetti tossici e come si possa evitare di contrarre il morbo in zona di guerra. Ai militari italiani non si parla mai di morbo letale e non viene distribuito alcun documento o materiale d’informazione poiché, in questo caso, dovrebbero anche ammettere la provenienza della leucemia o del cancro che tolgono la vita ai nostri soldati. La quasi totalità dei colleghi presenti, compreso il ministro, si dimostra a dir poco sgomenta e ascolta la mia conclusione con attenzione e disagio. Ecco come chiudo:
"Chiedo a tutti i presenti: come possiamo noi impostare un’inchiesta con dei responsabili che insabbiano ogni verità scientifica? Vi vedo piuttosto perplessi e confusi, come del resto sono a mia volta; vista l’impotenza ad agire a cui sono costretta, la mia intenzione è di presentare tra qualche giorno le mie dimissioni dal Senato”.
Si produce un silenzio totale. Padoa-Schioppa si avvicina e mi prende una mano: «Non posso che sentirmi solidale con la tua rabbia; a ogni modo, pensaci bene».
Il giorno dopo ne discuto con Carlotta e Marisa Pizza, un’altra delle mie assistenti e appresso decido che l’ultima mia possibilità è quella di informare la gente, e soprattutto i miei elettori, di cosa continua a succedere nelle zone di guerra, facendo intervistare quei militari che sono stati colpiti da queste patologie mortali.
Non potendo di certo rivolgermi alla Rai, che davanti a queste tragedie scantona di regola con la velocità di una pantegana inseguita da un gatto selvatico, mi metto in contatto con Antonio Ricci, l’ideatore della trasmissione Striscia la notizia, il quale con gran senso di responsabilità civile mi mette a disposizione un’intera troupe televisiva. Qui bisogna aprire un breve commento sui mezzi d’informazione. In certi momenti sei costretto ad usufruire di un’emittente televisiva di cui non condividi il programma, anzi ti trovi ad essere palesemente contrario. Ma ti rendi conto che questa è l’unica rete disposta a darti uno spazio per un’informazione civile e addirittura disperata. E quindi bisogna arrivare a trarne profitto, e questa non è una furbescheria ma una coscienza del che fare. A dimostrazione di ciò ecco che il 31 marzo appare sul teleschermo un servizio di Gimmy Ghione sull’uranio impoverito, dove a mia volta appaio in veste di speaker e presento un soldato, Angelo Ciaccio, un giovane colpito da leucemia fulminante. E subito appresso faccio conoscere al pubblico altri suoi commilitoni che, a loro volta, denunciano la medesima condizione e le difficoltà di ottenere un riconoscimento da parte dei responsabili del Ministero della Difesa. Al termine viene mandato in onda anche il conto corrente della nostra sottoscrizione. Speriamo. Sono tante le famiglie che hanno bisogno di aiuto.
Qualche giorno dopo riceviamo molte donazioni, piccole cifre ma date col cuore, tra cui 500 euro dal senatore Fernando Rossi, l’unico oltre me su 315 senatori che abbia dimostrato, con generosità, interesse per la tragedia dei nostri soldati.
Vorrei spaccarmi la testa contro il muro per il senso di impotenza che provo. Con impaccio e timidezza parlo con le mamme, i padri che hanno perso il figlio, i fratelli... Mi vengono a trovare al Senato, ricevo lettere così dolorose da togliermi il sorriso per giorni. E non è nostra intenzione creare scandalo a ogni costo ma ottenere almeno giustizia. Penso all’inefficienza-indifferenza del nostro Stato e alla difficoltà di coinvolgere questi miei colleghi che pensano solo alla carriera e ad accumulare cariche che procurino loro particolari vantaggi.
Per fortuna, in tanto senso di débâcle, trovo scampo felice nell’effetto prodotto dalla trasmissione messa in onda da Antonio Ricci, in cui viene fatto l’elenco dei militari colpiti dal morbo e vengono mostrate le immagini delle terre diventate una trappola mortale per le popolazioni e per i nostri militari.
Ora pare che nella commissione che si occupa del problema si stia muovendo qualcosa. È molto delicato e importante il lavoro che l’Osservatorio militare e il dottor Leggiero in prima persona stanno portando avanti, contro tutto e contro tutti, occupandosi con grande impegno dei 515 soldati colpiti da carcinomi, leucemie e altre terribili patologie contratte durante il servizio militare.
Di lì a qualche mese riusciamo a organizzare una manifestazione contro l’impiego dell’uranio impoverito per la produzione di armamenti. Intervengono molte persone e associazioni e otteniamo una particolare rilievo d’informazione.
Finalmente, il 9 ottobre 2007, dopo otto mesi di attività e tanta insistenza, il ministro della Difesa Arturo Parisi si decide a incontrare la commissione. Era ora! La norma del dilatare, attendere e procrastinare fino all’infinito finalmente è crollata!
Nel suo intervento Parisi dichiara che il suo ministero è seriamente coinvolto nel problema dell’uranio impoverito (oh, bontà vostra!) e ammette che i cittadini non dimostrano fiducia nelle dichiarazioni e nell’operato dei responsabili militari. C’è un’evidente diffidenza nei confronti del nostro operato. Ohhh, finalmente gli è venuto il dubbio!
Quindi, con la solita logica secondo cui è difficile arrivare a una visione condivisa del problema, ecco che il ministro indica gli ostacoli che si pongono davanti alla scienza tecnologicamente complessa delle armi e dei loro effetti imprevedibili. Aggiungiamo noi che questo succede specialmente quando ci sono di mezzo i generali e i vivaci interessi dell’industria bellica da una parte e le vittime innocenti, oltretutto prive di qualsiasi protezione, dall’altra.
Oh meraviglioso, dopo un anno e più di sprezzante silenzio, ecco che s’affaccia un piccolo ripensamento. Il ministero della Difesa – prosegue Parisi – non intende in alcun modo sottovalutare il fenomeno. I militari che hanno contratto malattie tumorali nelle ultime guerre risultano essere un totale di 255. Di questi 37 sono morti.
Qualcuno del nostro gruppo interviene: «Fermi tutti, le informazioni sulle vittime che ci state proponendo sono errate. Il nostro osservatorio denuncia un valore molto più elevato: coloro che hanno contratto il morbo sono 312, di cui 77 con decorso fatale. Morti».
Il ministro rivede le cifre e si dice d’accordo sull’analisi dei responsabili della commissione. Come diceva sant’Ambrogio, «l’importante è ravvedersi, se poi ti scappa di scusarti, sii benedetto».
La discussione sull’uranio impoverito riprende alcuni giorni dopo, e tocca a me intervenire davanti alla commissione e al ministro.
Altro titolo: Come diceva Kant il disordine è la polvere costante distribuita tra gli ingranaggi del potere.
Signor ministro e onorevoli colleghi, desidero approfondire alcuni aspetti con voi. Innanzitutto ringrazio il ministro per la sua presenza. L’onorevole Parisi ci informa che «mai prima d’ora è stata fatta un’opera di centralizzazione dei dati» che risultano essere dispersi su «una struttura articolata in periferia, con centinaia di archivi cartacei sparsi sul territorio». Bene, bella notizia!
Facendo un rapido riassunto della mole della documentazione emerge che si debbono analizzare i dati relativi alle missioni nei Balcani, in Libano, in Afghanistan e in Iraq, dal 1996 al 2006. Ultimamente, fra le novità a proposito dell’uranio impoverito, si è scoperto che nel poligono di tiro di Quirra, inSardegna, in uno spazio gigantesco di addirittura 12.000 ettari, per anni si sono esercitati militari con armi di diversa potenza e calibro, armi tra le quali numerose sono quelle all’uranio impoverito. A testimonianza di ciò è stato trovato anche un agnello morto vicino al poligono sardo. Aveva naturalmente pascolato mangiando l’erba contaminata. Ora mi chiedo: e i nostri soldati si sono anche loro inchinati a brucare quell’erba? L’università che ha analizzato l’animale, il Politecnico di Torino, ha rilevato tracce di uranio impoverito fra le membra dell’agnello e guarda caso molti dei militari malati e deceduti negli ultimi anni si sono esercitati in quel poligono prima di scoprire di essere rimasti contaminati a loro volta.
Nell’ottobre del 2012, cioè quattro anni dopo essere uscita dal Senato, troverò una notizia che mi darà grande soddisfazione: il Tribunale di Roma ha sentenziato che la morte di numerosi nostri militari, dai Balcani in poi, non è stata provocata dalla somministrazione di vaccini infetti, come indegnamente avevano dichiarato i medici del ministero della Difesa, ma dall’esplosione di ordigni all’uranio impoverito. Lo stabilisce un’inchiesta degli istituti di ricerca delle Università di Modena e Reggio Emilia. Secondo quegli scienziati, sono più di duecento i militari morti e più di duemila quelli ammalati perché vittime di contaminazione da uranio impoverito. La sentenza del tribunale ha sancito che il ministero della Difesa deve pagare per tutto questo, rimborsando le molte famiglie che hanno subito la morte dei propri figli. Per avere un’idea di quanto costeranno i risarcimenti in totale, vi basti sapere che lo stesso tribunale ha stabilito che per il solo Andrea Antonacci, contaminato nei Balcani e morto nella sua casa a Lecce, la cifra che lo Stato dovrà rimborsare alla famiglia è di quasi un milione di euro.
Allora non è vero che non serve lottare contro le solite regole dello Stato. Qualche volta, insistendo, si riesce anche a fare giustizia.
Grazie per l’attenzione. Spero che ci si senta ancora per altri capitoli di questo valore.

Il libro di Franca Rame: "In fuga dal Senato", Edizione Chiarelettere uscirà il 4 ottobre.