venerdì 27 settembre 2013

Fukushima, Tokyo ammette: il rischio-apocalisse è adesso

Se anche solo una delle piscine di stoccaggio dovesse crollare, avvertono l’esperto nucleare Arnie Gundersen e il medico Helen Caldicott, non resterebbe che «evacuare l’emisfero nord della Terra e spostarsi tutti a sud dell’equatore».
Era tutto vero: il pericolo Fukushima comincia solo adesso e il Giappone non sa come affrontarlo. Le autorità hanno finora mentito, ai giapponesi e al mondo intero: Fukushima era una struttura a rischio, degradata dall’incuria. Un impianto che andava chiuso molti anni fa, ben prima del disastro nucleare del marzo 2011. Da allora, la situazione non è mai stata sotto controllo: la centrale non ha smesso di emettere radiazioni letali. Tokyo finalmente ammette che, da mesi, si sta inquinando il mare con sversamenti continui di acqua radioattiva, utilizzata per tentare di raffreddare l’impianto. Ma il peggio è che nessuno sa esattamente in che stato siano i reattori collassati: si teme addirittura una imminente “liquefazione” del suolo. L’operazione più pericolosa comincerà a novembre, quando sarà avviata la rimozione di 400 tonnellate di combustibile nucleare. Operazione mai tentata prima su questa scala, avverte la “Reuters”: si tratta di contenere radiazioni equivalenti a 14.000 volte la bomba atomica di Hiroshima. Enormità: bonificare Fukushima – ammesso che ci si riesca – richiederà 11 miliardi di dollari. Se tutto va bene, ci vorranno 40 anni.
Gli scienziati non hanno idea del vero stato dei nuclei dei reattori, riassume il “Washington’s Blog” in un lungo reportage tradotto da “Megachip”: le Fukushima tecniciradiazioni potrebbero investire la Corea, la Cina e la costa occidentale del Nord America. Perché il peggio deve ancora arrivare: gli stessi tecnici incapaci, che hanno prima nascosto l’allarme e poi sbagliato tutte le procedure di emergenza, ora «stanno probabilmente per causare un problema molto più grande». Letteralmente: «La più grande minaccia a breve termine per l’umanità proviene dai bacini del combustibile di Fukushima: se uno dei bacini crollasse o si incendiasse, questo potrebbe avere gravi effetti negativi non solo sul Giappone, ma sul resto del mondo». Se anche solo una delle piscine di stoccaggio dovesse crollare, avvertono l’esperto nucleare Arnie Gundersen e il medico Helen Caldicott, non resterebbe che «evacuare l’emisfero nord della Terra e spostarsi tutti a sud dell’equatore». Un allarme di così vasta portata, che disorienta anche gli esperti più prudenti. Come Akio Matsumura, già consulente Onu, secondo cui la rimozione dei materiali radioattivi dai bacini del combustibile di Fukushima è «una questione di sopravvivenza umana».
Migliaia di lavoratori e una piccola flotta di gru, riferisce il “New York Times”, si preparano a «evitare un disastro ambientale ancora più profondo, che ha già reso la Cina e gli altri paesi vicini sempre più preoccupati». Obiettivo, neutralizzare le oltre 1.300 barre di combustibile esaurito dall’edificio del reattore 4. E’ come sfilare sigarette da un pacchetto accartocciato, avverte Gundersen: basta che due barre si urtino, e c’è il rischio che rilascino cesio radioattivo, xenon e kripton. «Ho il sospetto che nei prossimi mesi di novembre, dicembre e gennaio, sentiremo che l’edificio è stato evacuato, che hanno rotto una barra di combustibile, e che la barra di combustibile sta emettendo dei gas. Ritengo che le griglie si siano contorte, il combustibile si sia surriscaldato e il bacino sia giunto a ebollizione: la conseguenza naturale è che sia probabile che una parte del combustibile rimarrà incastrata lì per un lungo, lungo periodo». Le griglie Arnie Gundersensono contorte per effetto del terremoto, che ha fatto collassare il tetto proprio sopra il deposito nucleare.
«Le conseguenze – conferma il “Japan Times” – potrebbero essere di gran lunga più gravi di qualsiasi incidente nucleare che il mondo abbia mai visto: se una barra di combustibile cadesse, si rompesse o si impigliasse mentre viene rimossa, i possibili peggiori scenari includono una grande esplosione, una fusione nel bacino o un grande incendio. Ognuna di queste situazioni potrebbe portare a massicci rilasci di radionuclidi mortali nell’atmosfera, mettendo in grave rischio gran parte del Giappone – compresi Tokyo e Yokohama – e anche i paesi vicini». Secondo la “Cnbc”, il pericolo maggiore riguarda il possibile sversamento di acqua in uno dei bacini, che potrebbe incendiare il combustibile. «Un enorme incendio del combustibile esaurito – dichiara alla “Cnn” il consulente nucleare Mycle Schneider – probabilmente farebbe apparire poca cosa le attuali dimensioni della catastrofe, e potrebbe superare le emissioni di radioattività di Chernobyl di decine di volte». Una sorta di apocalisse: «Le pareti della piscina potrebbero avere perdite al di là della capacità di fornire acqua di raffreddamento, o un edificio del reattore potrebbe crollare in seguito una delle centinaia di scosse di assestamento. Poi, il rivestimento del combustibile potrebbe incendiarsi spontaneamente emettendo il suo intero accumulo radioattivo».
Sarebbe il più grave disastro radiologico mai visto fino ad oggi, conferma Antony Froggatt nel suo “World Nuclear Industry Status Report 2013”, redatto con Schneider. E per Gundersen, direttore di “Fairewinds Energy Education”, l’operazione si prospetta «piena di pericoli», e la verità è che «nessuno sa quanto male potrebbero andare le cose». Ciascun assemblaggio di barre combustibili pesa 300 chili e misura 4 metri e mezzo. Gli assemblaggi da rimuovere sono 1.331, informa Yoshikazu Nagai della Tepco, più altri 202 stoccati nel bacino: le barre di combustibile esaurito inoltre contengono plutonio, una delle sostanze più tossiche dell’universo, che si forma durante le ultime fasi del funzionamento di un reattore. «Il problema di una criticità che colpisca il bacino del combustibile è che non la si può fermare, non ci sono barre di controllo per gestirla», sostiene Gundersen. «Il sistema di raffreddamento del bacino del combustibile esaurito è stato Mycle Schneiderprogettato solo per rimuovere il calore di decadimento, non il calore derivante da una reazione nucleare in corso».
Le barre sono rese ancora più vulnerabili agli incendi nel caso debbano essere esposte all’aria. Il quadro è estremamente precario: l’operazione si svolgerà sott’acqua, in un bacino all’interno di un edificio lesionato, che la Tepco ha già puntellato. «La rimozione delle barre dal bacino è un compito delicato», testimonia Toshio Kimura, ex tecnico della Tepco, al lavoro a Fukushima per 11 anni. «In precedenza era un processo controllato dal computer che memorizzava al millimetro le posizioni esatte delle barre, ma ora non se ne può più disporre: il processo deve essere fatto manualmente, quindi c’è un alto rischio che si possa far cadere e rompere qualcuna delle barre di combustibile». In più, la situazione è assolutamente instabile. Secondo Richard Tanter, esperto nucleare dell’università di Melbourne, il reattore 4 di Fukushima «sta affondando». Lo conferma l’ex premier giapponese Naoto Kan: sotto il grande deposito di combustibile atomico, il terreno è già spofondato di circa 31 centimetri.
Per tentare di stabilizzarlo e isolarlo dall’acqua, la Tepco sta considerando la possibilità di congelare il suolo attorno all’impianto. Essenzialmente, riferisce “Nbc News”, si tratta di costruire un muro sotterraneo di ghiaccio lungo un miglio, cosa che non è mai stata tentata prima: in pratica, stanno cercando di arrampicarsi sugli specchi perché non sanno come risolvere il problema. «Un altro errore che venisse fatto dalla Tepco potrebbe avere conseguenze perfino esiziali, per il Giappone», sottolinea “Japan Focus” puntando il dito contro l’azienda elettrica responsabile del disastro. La Tepco ha infatti taciuto la verità sul degrado dell’impianto prima ancora del sisma, poi ha sbagliato tutto il possibile. Il governo di Tokyo ha concluso che il disastro ha avuto “cause umane”, ed è stato provocato da una “collusione” tra il governo stesso e la Tepco, oltre che da una cattiva progettazione del reattore. Già all’indomani della tragedia, «la Tepco sapeva che 3 reattori nucleari avevano perso capacità contenitiva, che il nuclere apocalissecombustibile nucleare era “scomparso”, e che non vi era di fatto alcun vero contenimento».
L’azienda, ricorda il “Washington’s Blog” ha cercato disperatamente di coprire la verità per due anni e mezzo, «fingendo che i reattori fossero in fase di “spegnimento a freddo”», e solo ora ha ammesso che da due anni sta rilasciando enormi quantità di acqua radioattiva che, attraverso le falde sotterranee, si riversano nell’Oceano Pacifico. La dimensione del pericolo lascia sgomenti: nessuno, al mondo, è preparato a fronteggiare una catastrofe come quella evocata dai tecnici più pessimisti. Ma l’aspetto più sinistro, forse, è proprio quello che riguarda l’informazione e l’assoluta mancanza di trasparenza: la verità è stata negata dai tecnici, minimizzata dai politici, oscurata dai media. Molti blogger hanno incessantemente rilanciato l’allarme, fino alla notizia – qualche mese fa – degli sversamenti radioattivi in mare. Solo ora – di fronte all’impossibilità di continuare a negare, alla vigilia della pericolosissima operazione di bonifica – si giunge ad ammettere tutto. Colpisce l’appello di Mitsuhei Murata, ex ambasciatore giapponese in Svizzera, che chiede che il Giappone rinunci ad ospitare a Tokyo le Olimpiadi 2020, perché non potrebbe garantire la sicurezza degli atleti. Così, il Sol Levante tramonta nella vergogna.

domenica 8 settembre 2013

L’acqua radioattiva di Fukushima sta arrivando in California.

L’acqua radioattiva che fuoriesce dalla centrale nucleare di Fukushima, distrutta dal terremoto e dallo tsunami dell’11 marzo 2011, entro il 2014 arriverà a toccare le coste degli Stati Uniti. Il disastro nucleare giapponese è ormai un guaio per tutti e il Governo è costretto, finalmente, a intervenire.

 fukushima_acqua_contaminata[1]

Brutte notizie per chi vive sulla costa occidentale degli Stati Uniti: tra pochi mesi l’acqua contaminata dalle radiazioni della centrale di Fukushima toccherà le spiagge americane. Lo dice uno studio ARC Centre for Excellence for Climate System Science, un centro di ricerca australiano che ha messo a punto un simulatore per calcolare quanto tempo ci metterà la corrente oceanica a portare l’acqua radiattiva lontano dal punto iniziale.
Questo simulatore è molto simile a quello inserito nella sezione speciale del sito adrift.org.au grazie al quale si può tracciare la diffusione nei mari della spazzatura in base alle correnti note. Ovviamente questa sezione non traccia i rifiuti normali, ma quelli contaminati dalla centrale di Fukushima.
La contaminazione nucleare, infatti, è stata calcolata partendo dala concentrazione di cesio 137. Un isotopo radioattivo che ha un tempo di “emivita” di 30 anni circa. Ciò vuol dire che dimezza in tre decenni la quantità di radiazioni che emette e che, di conseguenza, resta pericoloso per moltissimi anni.
fukushima-radiation
E di anni, per arrivare da Fukushima all’America, il cesio ce ne metterà ben pochi. Secondo l’elaborazione del centro di ricerche già dopo tre anni dal disastro, e quindi a marzo-aprile 2014, il cesio arriverà sulle coste dorate della California. 
Secondo lo studio scientifico, però, la pericolosità di questa ondata radioattiva sarà bassa: due forti correnti marine che partono dalle coste giapponesi accelereranno il cammino dell’acqua radioattiva ma, allo stesso tempo, diluiranno il flusso abbassando la concentrazione di cesio.
Questo comunque dimostra che i disastri nucleari non hanno confini: le conseguenze di un incidente nucleare non sono mai limitate al posto dove esso accade ma si diffondono, e non le si può fermare in alcun modo, su vaste aree del mondo. Probabilmente anche per questo il Governo giapponese, che fino ad ora aveva lasciato fare tutto a Tepco, ha deciso di impegnarsi in prima persona per metterci una pezza.
Era ora: fino a oggi, infatti, Tepco ha dimostrato di essere assolutamente non in grado di gestire la situazione. La fuoriuscita di acqua radioattiva dalla barriera improvvisata per contenerla, infatt, è solo l’ultimo esempio di una malagestione dell’emergenza che continua ancora oggi.
Fonte: greenme.it

Dopo aver cacciato il Fondo Monetario Orban emette moneta senza debito


di Ronald L. Ray – Traduzione a cura di N. Forcheri
L’Ungheria si libera dei vincoli dei banchieri
• Dopo che è stato ordinato  all’FMI di abbandonare il paese, la nazione adesso stampa moneta senza debito
L’Ungheria sta facendo la storia.
Mai più dagli anni ’30 con il caso della Germania un paese europeo aveva osato sfuggire alle grinfie dei cartelli bancari internazionali controllati dai Rothschilds. Questa è una notizia stupenda che dovrebbe incoraggiare i patrioti nazionalisti del mondo intero ad intensificare la lotta per la libertà dalla dittatura finanziaria. Già nel 2011 il primo ministro ungherese,  Viktor Orbán promise di ristabilire la giustizia sui predecessori socialisti che avevano venduto il popolo della nazione alla schiavità di un debito infinito con i vincoli del FMI (IMF) e lo stato terrorista d’Israele. Queste amministrazioni precedenti erano infiltrate da israeliani nelle alte cariche, in mezzo al furore delle masse che alla fine, in reazione, hanno votato il partito  Fidesz di Orban.
Secondo una relazione sui siti germanofoni  del “National Journal”, Orbán si è accinto a scalzare gli usurai dal trono. Il popolare e nazionalista primo ministro ha detto all’FMI che l’Ungheria non vuole né richiede “assistenza” ulteriore dal delegato della Federal Reserve di proprietà dei Rothschild. Gli ungheresi non saranno più costretti a pagare esosi interessi a banche centrali private e irresponsabili.
Anzi, il governo ungherese ha assunto la sovranità sulla sua moneta e adesso emana moneta senza debito e tanta quanto ne ha bisogno. I risultati sono stati nientemeno che eccezionali. L’economia nazionale, che vacillava per via di un pesante debito, ha ricuperato rapidamente e con strumenti inediti dalla Germania nazionalsocialista.
Il ministro per l’Economia ungherese ha annunciato che grazie a “una politica di bilancio disciplinato” ha ripagato il 12 agosto 2013 il saldo dei 2,2 bilioni di debito all’FMI, prima della scadenza ufficiale del marzo 2014. Orbàn ha dichiarato: “L’Ungheria gode della fiducia degli investitori” che non vuol dire né l’FMI né la Fed o altri tentacoli dell’impero finanziario dei Rothschild. Piuttosto si riferiva agli investitori che producono in Ungheria per gli ungheresi, creando crescita economica vera, e non già la “crescita di carta” dei pirati plutocratici, bensì quel tipo di produzione che assume realmente le persone e ne migliora la vita.
Con l’Ungheria libera dalla gabbia della servitù agli schiavisti del debito non c’è da meravigliarsi che il presidente della banca centrale ungherese gestita dal governo per il bene pubblico e non per l’arricchimento privato abbia chiesto all’FMI di chiudere i battenti da uno dei paesi più antichi d’Europa. Inoltre, il procuratore generale, ripetendo le gesta dell’Islanda, ha accusato i tre precedenti primi ministri del debito criminale in cui hanno precipitato la nazione. L’unico passo che rimane da fare per distruggere completamente il potere dei bancksters in Ungheria, è di attuare un sistema di baratto per lo scambio con l’estero come esisteva in Germania con i nazional socialisti e come esiste oggi in Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, i cosiddetti  BRICS, una coalizione economica internazionale. E se gli USA seguissero la guida dell’Ungheria, gli americani potrebbero liberarsi dalla tirannia degli usurai e sperare in un ritorno a una pacifica prosperità.
Ronald L. Ray, autore freelance che risiede nel libero stato del Kansas, discendente di vari patriotti della Guerra americana di indipendenza.
 
Tratto da: americanfreepress.net
 

“Cancro, le cure proibite” – documentario da vedere sul male del secolo

Documentario a cura di Massimo Mazzucco – durata: 126 minuti
Fonte : http://www.signoraggio.it/cancro-le-cure-proibite-documentario-di-massimo-mazzucco/

sabato 7 settembre 2013

Col suo «motore impossibile» smentisce Newton e Einstein

Gregori mostra il suo «motore impossibile», realizzato sulla base degli studi di Todeschini FOTO AMATO
Gregori mostra il suo «motore impossibile», realizzato sulla base degli studi di Todeschini FOTO AMATO
di Paola Dalli Cani
Talento dell’elettronica, a 14 anni ha dovuto andare a lavorare. Poi, studiando la sera, ha preso due lauree
Mirco Gregori, 44 anni, ingegnere, è il primo al mondo ad aver replicato la macchina che di fatto smonta la famosa teoria della relatività sulla quale si basa la fisica moderna
E’ veronese l’erede di Marco Todeschini, l’ingegnere bergamasco che ha smentito una parte delle teorie di Newton e di Einstein. Mirco Gregori, ingegnere montefortiano quarantaquattrenne, è il primo al mondo ad aver replicato per pura passione il «motore impossibile» che dimostra quanto sia «relativa» la teoria della relatività sulla quale si basa la fisica moderna. Una sperimentazione, la sua, che rende giustizia allo scienziato bergamasco, ne riporta prepotentemente d’attualità le teorie e che è destinata a riaccendere la discussione sulla finitezza della fisica classica e su tutto il sapere che, secondo Gregori, sarebbe costruito su un assunto sbagliato.
«Guardi qua: come può essere vera questa cosa?», dice Gregori mettendo il dito sotto i cardini della relatività. Insomma, lo vedrebbe anche un bambino delle scuole elementari che la formula C= C+V non sta né in cielo né in terra, «perchè come può una cosa essere uguale a se stessa più qualcosa d’altro, cioè, nel caso specifico, il postulato della costanza della velocità della luce?». Tutto, per Mirco Gregori, è partito da qui, o meglio da una domanda ancora più semplice: «Ma sarà vero che la luce ha una velocità e che sia la massima raggiungibile, e sarà vero che la terra galleggia nel vuoto?».
Ce ne sarebbe abbastanza per diventare matti, ma l’ingegner Mirco Gregori è un tipo a dir poco pragmatico. Anzi, questo è il suo marchio di fabbrica. Lo ha imparato dalla vita ad esserlo quando, avviato a brillanti studi tecnici per via di un talento non comune per la meccanica e l’elettronica, si è trovato a interromperli a quattordici anni per andare a lavorare. A dire il vero, lavorare l’ha sempre fatto perché è tra i carrelli dell’officina del papà, storico meccanico a Costalunga, che ha scoperto il suo talento. Va a lavorare, Mirco, e a vent’anni, aiuto carrellista all’Aia, si rivela: «Ci fu un blocco tecnico che paralizzò tutta la produzione. Mi feci avanti. Mi guardarono dubbiosi, ma alla fine mi dissero di sì: tolsi la scheda che governava le macchine, ci lavorai un po’ e la produzione ripartì».
Nulla di strano per uno che a 14 anni realizzava programmi per computer e si costruiva i videogiochi. Il signor Veronesi lo premia e così Mirco, alle scuole serali, conquista la maturità da perito tecnico e telecomunicazioni. Il resto è una corsa a perdifiato: due lauree, «ma basta scrivere che sono dottore in scienze informatiche e c’è dentro tutto», e lo studio sempre abbinato al lavoro. Dopo l’Aia c’è la Bauli e oggi il ruolo da responsabile dei servizi informativi di un colosso veronese della grande distribuzione organizzata. «Ma sì, è lavoro», taglia corto. «La passione è altra cosa». Già, altra cosa, cioè gli ultimi cinque anni di studio partiti da quelle domande: «Ho scoperto Nikola Tesla, il papà del sistema elettrico a corrente alternata e delle onde radio. Così ho conosciuto e mi sono innamorato di Todeschini». Cerca e ricerca, studia e ristudia, Gregori incontra Fiorenzo Zampieri, il depositario di tutto quello che Marco Todeschini ha scritto e fatto fino al 1988, anno della sua morte. Tutto o quasi perché la sua rivoluzionaria invenzione, il «motore impossibile» che Gregori ha replicato, è letteralmente svanito nel nulla. E si capisce anche il perché, «visto che a molti scienziati che si muovono con la mente libera, che sperimentano e discutono il consolidato si chiude la bocca. Antonella, la figlia di Marco Todeschini, me lo ha detto tra le lacrime vedendo il motore impossibile in funzione: a lei è andata meglio che ad altri congiunti di scienziati perché le cose del padre sono state nascoste e non bruciate». Ma torniamo a Zampieri che negli occhi scuri di Gregori vede quella luce che lo convince che solo quell’ingegnere quarantenne farà rivivere Todeschini. Ecco perché gli mette nelle mani tutto. E Mirco Gregori studia. Poi, due anni fa, trasforma tutto in realtà fisica e costruisce pezzo per pezzo il motore, con l’aiuto dell’amico Giancarlo. Ci hanno provato in tanti, lui è il primo a farlo funzionare: «Semplice», spiega, «attraverso un moto rotatorio è possibile ottenere un moto rettilineo pulsato. La fisica non lo ammette, la realtà sì», dice mostrando il motore in funzione. Per semplificare, il senso è pressappoco questo: a un’azione corrisponde una reazione. Punto. Fine. Prima di Todeschini e Gregori la frase sarebbe continuata con la precisazione «uguale e contraria». Sotto i tuoi occhi, però, ti accorgi che non è così. Come si spiega tutto ciò? «Esiste se concepiamo l’esistenza dell’etere che pervade il cosmo intero. Ecco perchè, diversamente da quello che comanda la fisica classica, quello che hai visto adesso è così non solo sulla Terra». A Valsecca, il paese natale di Todeschini, nel Bergamasco, dove Gregori ha presentato per la prima volta il motore, la gente piangeva. E lui, dando voce a Todeschini, lo ha ribadito: «La forza non esiste, è apparenza. La massima velocità raggiungibile per una particella non è limitata a quella della luce, ma di gran lunga superiore». E così, col «motore impossibile», potrebbe saltar fuori anche un modo diverso per esplorare il cielo.

venerdì 6 settembre 2013

Ufo e alieni – Rivelazioni del dott. Michael Wolf 2° parte

Ecco anche la seconda parte.

Vegano mangiato da una pianta carnivora. Muore uomo nelle Filippine


pianta_carnivora.jpg
La vicenda ha dell'incredibile. I personaggi coinvolti sono un uomo e un raro esemplare di Nepenthes attenboroughii, pianta carnivora caratterizzata dalla grande bocca a forma di campana. 
Secondo i testimoni presenti sul luogo, alcuni turisti italo-giapponesi stavano osservando il raro esemplare quando uno di loro si è avvicintato per scattare una foto. La pianta, infastidita probabilmente dal flash della macchina fotografica, ho catturato lo sfortunato fotografo fra le sue fauci.
Ma la storia ha ancora più dell'incredibile se si pensa che l'uomo, così come i compagni del gruppo, sarebbero stati vegani (così, almeno, afferma il sito che ha dato la notizia). Al momento del tentativo di salvataggio dell'uomo, i suoi compagni si sarebbero opposti al taglio del gambo della pianta, volendo evitare qualunque sofferenza al vegetale.
Ma le stranezze in questa storia non finiscono qui perché l'esemplare di Nepenthes attenboroughii è morto anche lui dopo poche ore. Il motivo? Sempre secondo l'agenzia filippina che ha dato per prima la notizia, non avrebbe trovato nella sua preda le proteine necessarie per la fotosintesi, in quanto l'uomo ne sarebbe stato sprovvisto in conseguenza delle sue abitudini alimentari. Notizia vera o bufala? Le fonti filippine sono spesso difficili da verificare, ma un video dove si vede la pianta in azione (sotto), insieme alla foto (in alto), ci inducono a pensare che – alla fine – l'evento non sia del tutto falso e che probabilmente gli organi d'informazione che hanno trattato la vicenda abbiano solamente gonfiato alcuni particolari, per accrescerne la spettacolarizzazione. 

mercoledì 4 settembre 2013

US ARMY IN SHOCK: Obama ha esitato perché i russi hanno abbattuto un F-22 e 4 Tomahawk

 – 3 SETTEMBRE 2013
Tenuto segreto: Obama ha esitato ad attaccare la Siria, perché i russi hanno abbattuto un F-22 Raptor e 4 missili Tomahawk.

f_22_raptor_2
Tenuto segreto: Obama ha esitato ad attaccare la Siria, perché i russi hanno abbattuto un F-22 Raptor e 4 missili Tomahawk.
-Angelo Iervolino- 03 settembre 2013 –  Il 1°Settembre un esperto militare in un’intervista al canale televisivo “Al Manar“, ha confermato che il motivo del ritardo nella partenza dell’attacco da parte del presidente Obama sulla Siria non è stato quello presumibile di attendere il voto del Congresso.
La ragione è che tra il 30 e il 31 Agosto, la Siria, ha distrutto un US Air Force F-22 Raptor, e quattro missili “Tomahawk“.
L’F-22 Raptor è il caccia più avanzato al mondo. Esso opera a un livello estremamente alto di altitudine e si sviluppa in velocità estremamente elevate. Questo è il motivo per il quale era impossibile abbatterlo.
Equipaggiato con armi che possono abbattere un nemico a distanza di 50 km. Ha la più recente tecnologia nel campo che lo rende completamente invisibile.
I Generali americani erano così scioccati perché è un velivolo altamente professionale come sono rimasti scioccati dalla intercettazione di 4 missili Tomahawk.
Un aereo militare statunitense si è schiantato nei pressi del confine con la Giordania, lanciando i missili in mare. Scrive il quotidiano “Los Angeles Times“, circa l’abbattimento di un aereo F-22 Raptor.
Il giornale ha anche riferito che il 30 Agosto difese aeree siriane hanno abbattuto quattro missili americani “Tomahawk” col sistema russo anti-missile “Kevlar – 1“.
Questi sono i primi missili antiaerei russi che hanno distrutto missili americani.
Secondo il giornale, la perdita di un moderno velivolo F-22 nel nord della Giordania e del abbattimento di 4 missili è la ragione principale per l’improvviso ritardo di aggressione contro la Siria. Trasmette lo stesso messaggio l’ “Oklahoma Post” citando fonti militari americane.
S-400
Un esperto militare John Reed Blu, ha detto ai giornalisti che la Siria non ha solo gli S-300, ma la versione aggiornata. Egli non ha escluso che la Siriadispone di un sistema S-400.
Questo evento è stato testimoniato anche da alcuni residenti della città siriana di Homs, che hanno confermato di aver udito il 30 di agosto, nel pomeriggio, il rombo dei tre aerei.
Un aereo era un MiG-23, il secondo un MiG-29, inviati ad intercettare l’aereo americano che era stato avvistato nei pressi delle acque territoriali siriane. Gli Aerei americani erano a circa 20 miglia al largo della costa della Siria.
Ognuno di loro poteva in qualsiasi momento entrare nello spazio aereo siriano. Ma quando hanno notato gli aerei siriani che si avvicinavano, gli americani hanno cambiato rotta verso il mare.
Il 1° Settembre, ci sono stati altri episodi. E ‘ovvio che tali azioni da parte della US Air Force hanno testato la prontezza al combattimento del sistema di difesa aerea siriana, ma richiedono anche di trovare un varco dentro le difese che, ovviamente, non è stato trovato.
E ‘noto a tutti che le rampe di lancio in Siria sono gestite da esperti russi ben addestrati e che anche il personale siriano è ben addestrato.
(traduzione serbo-italiano google/Angelo Iervolino)
Fonte: