domenica 10 novembre 2013

L’oceano Pacifico è morto. Il resoconto di una traversata fa il giro del mondo

Ivan Macfadyen, l'oceano Pacifico è mortoL’oceano Pacifico è morto, è svuotato di ogni vita. Ci sono solo rifiuti e barche per la pesca industriale intente a saccheggiare accuratamente quel poco che è ancora rimasto.
Sta facendo il giro del mondo, sui media di lingua inglese, il racconto struggente, tragico e a suo modo poetico di un marinaio, Ivan Macfadyen (foto), che ha ripetuto la traversata del Pacifico effettuata dieci anni fa. Allora fra l’Australia e il Giappone bastava buttare la lenza per procurare pranzo e cena succulenti. Stavolta in tutto due sole prede. Dal Giappone alla California, poi, l’oceano è diventato un deserto assolutoformato da acqua e rottami.
Nessun animale. Non un solo richiamo di uccelli marini. Solo il rumore del vento, delle onde e dei grossi detritiche sbattono contro la chiglia.
Il racconto di Ivan Macfadyen, vecchio marinaio col cuore spezzato dopo 28 giorni di desolata navigazione nel Pacifico, è stato raccolto dall’australiano The Newcastle Herald ed è stato variamente ripreso da decine e decine di testate, tutte in inglese.
Macfadyen ha navigato con il suo equipaggio a bordo del Funnel Web sulla rotta Melbourne -Osaka – San Francisco. Dice di aver percorso in lungo e in largo gli oceani per moltissimi anni, dice di aver sempre vistouccelli marini che pescavano o che si posavano sulla nave per riposarsi e farsi trasportare. E poi delfini, squali,pesci, tartarughe… Stavolta nulla di tutto ciò: nulla di vivo per oltre 3.000 miglia nautiche.
Unica apparizione, poco a Nord della Nuova Guinea, quella di una flotta per la pesca industriale accanto ad una barriera corallina. Volevano solo il tonno, tiravano e ributtavano in mare – morta – ogni altra creatura marina.
E poi la parte più allucinante del viaggio, quella dal Giappone alla California, costantemente accompagnata dalla gran quantità di rottami trascinati in mare dallo tsunami del 2011, quello che ha innescato la crisi diFukushima.Rottami, rottami grandi e piccoli ovunque: impossibile perfino accendere il motore. Rottami non solo in superficie ma anche sui fondali, come si vedeva chiaramente nelle acque cristalline delle Hawaii. E poiplasticarifiuti di plastica dappertutto.
Nel racconto di Ivan Macfadyen un solo elemento è direttamente riconducibile ai tre reattori nucleari in meltdown sulla costa giapponese: dice di aver raccoltocampioni destinati ad essere esaminati per laradioattività e di aver compilato durante il viaggio questionari periodici in seguito a richieste provenienti dal mondo accademico statunitense.
Però non si può non pensare a Fukushima quando Macfadyen afferma che nelle acque del Giappone il Funnel Web ha perso il suo colore giallo brillante e quando dice che uno dei pochissimi esseri viventi incontrati dal Giappone alla California era una balena che sembrava in fin di vita per un grosso tumore sul capo.
Sui social e nei commenti sul web si fa un gran parlare della relazione fra Fukishima e l’assenza di esseri viventi fra Giappone e California.
Io sottolineo tre elementi: primo, la sorgente di radioattività di Fukushima, sebbene molto intensa, paragonata alla vastità dell’oceano diventa come uno sputo in un fiume; secondo, nei dintorni di Fukushima e prima di diluirsi nella vastità dell’oceano la radioattività effettivamente si accumula nella catena alimentare e vi resterà per molti decenni; terzo, una desolazione vasta e assoluta come quella raccontata da Macfadyen si sposa benissimo con gli effetti della pesca industriale dissennata, senza bisogno alcuno di scomodare la radioattività i cui effetti sensibili – stando alle informazioni note – si limitano al tratto di mare davanti ad una parte delle coste giapponesi.
Il Pacifico è morto – si è rotto, per usare l’espressione di Macfadyen – e l’ha ucciso il genere umano, che sta al pianeta come una nuvola di cavallette sta ad un campo di grano. Macfadyen, raccolta il The Newcastle Herald nel seguito della storia, non ha voluto rilasciare altre interviste dopo quella che ha fatto così tanto rumore. Desidera però che il mondo sia consapevole di quanto egli ha visto. Accontentiamolo.

sabato 9 novembre 2013

ANONYMOUS ITALIA VS ENEL: GRAVE PERICOLO PER LA CENTRALE NUCLEARE IN SLOVACCHIA

Gli Anonymous 'bucano' l'Enel e inchiodano l'azienda. Parte dell'archivio di leaks sottratti riguarda la centrale nucleare di Mochovce in Slovacchia e una tempesta potrebbe abbattersi sulla società italiana dopo le scoperte fatte dagli Anon Italy. Il lavoro fatto dai pirati informatici sembrerebbe essere degno di grandi investigatori. Certo, fatto con la loro inevitabile prepotenza, ma in casi come questo, tale prepotenza potrebbe salvare migliaia di vite. Si legge infatti, che i reattori sono costruiti con materiali scadenti e che tutto è stato fatto passare e messo a tacere dalle ditte di controllo. Vediamo cos'è successo
L'Enel, nel 2006 compra il 66% di azioni della Slovenské Elektrárn, azienda slovacca per la produzione fdi energia, tra cui quella nucleare, per un totale di 839 milioni di euro, avendo poi in programma, nel decennio successivo, di investirne altri 1,9 miliardi. Controllando così un totale di 7 mila megawatt di energia, ovvero l'83% della capacità del Paese. Nel 2010 Enel investe 2,8 miliardi di euro per costruzione di una centrale nucleare da 880 megawatt a Mochovce, 120 chilometri da Bratislava. Poi l'azienda italiana chiede altri 800milioni di auro allo stato slovacco, che detiene il restante 34% delle azioni, per terminare i lavori. Il gruppo italiano – come ha comunicato Greenreport - avrebbe motivato le richieste «con la necessità di soddisfare importanti misure di sicurezza internazionali decise dopo il disastro avvenuto nel marzo 2011 a Fukushima in Giappone. I costi delle due unità erano inizialmente stimati a 2,8 miliardi di euro»
#OperationGreenRights, gli Anonymous che si battono per la salvaguardia dei diritti del pianeta, contro l'inquinamento, cominciano a scavare negli archivi telematici del Gruppo Enel. Da qui sembra scoppiare il caso: mail pubblicate dai CyberHactivisti, denunciano che «le email sottratte dalla ditta STF Controlli (STF S.p.A.) e dall'account privato di un membro di Ansaldo dimostrano che i reattori 3 e 4 sono stati montati da manodopera priva di competenze e senza alcuna documentabile supervisione».Così, per 'festeggiare' il 5 novembre, gli Anonymous Italy, rilasciano 330 Mb di leaks contenenti conversazioni che inchiodano la società italiana: «La documentazione che STF Controlli ha presentato ad ENEL è stata manipolata per nascondere i numerosissimi difetti dei due reattori in fase di ultimazione».
anonymous enelE continuiamo a leggere una mail datata marzo 2013, come fanno sapere gli Anon nel loro press: «da un controllo eseguito presso il cantiere di Mochovce si evince che l'ispettore che ha seguito le attività di montaggio non ha gestito la qualità dei processi e la documentazione in modo appropriato",ma "attualmente la documentazione è stata resa conforme,nonostante l'immensità di incongruenze riscontrate»,tuttavia «non sono stati fatti i dovuti controlli». Ciò significa che nessuno ha controllato davvero che i lavori di montaggio dei reattori 3 e 4siano stati effettuati correttamente,infatti si riscontra un' «immensità di incongruenze» rispetto al progetto pattuito. Queste "incongruenze" sono lavori mal eseguiti. Tuttavia la documentazione rilasciata ad ENEL «è stata resa conforme»,cioè tutti i problemi sono stati taciuti manipolando i dati. Come sottolinea lo stesso mittene ( membro di STF ) «la situazione riscontrata è ancor piu'grave se si considera che trattasi di componente montato in una centrale nucleare».
“Le email che ci apprestiamo a pubblicare - incalzano gli Anonymous Italy nel press - riguardano la centrale nucleare diMochovce in Slovacchia. Il materiale rilasciato contiene anche documenti inerenti a controlli svolti sulle più svariate componenti dell'impianto. Premettiamo che ENEL proprietaria dell'impianto tramite la controllata Slovenske Elektrarne stà completando la costruzione di due nuovi reattori privi, come i due già esistenti dei requisiti minimi di sicurezza come ad esempio doppie pareti di contenimento del materiale fissile. Per la costruzione dei due nuovi reattori ( 3 e 4 ) saranno utilizzati materiali sovietici prodotti prima del disastro di Cernobyl. Seguono le spiegazioni dettagliate di due diversi gruppi di documenti che riportano controlli inerenti ai citati reattori 3 e 4 effettuati in un caso da Ansaldo e nell'altro da STFcontrolli per conto di ENEL”.

Credits Photo: Greenpeace; Anonymous Italy

Realizzato in Russia un impianto per produrre benzina dalla spazzatura

Ingbenza 2egneri russi dalla città siberiana di Tomsk hanno creato un impianto che trasforma la spazzatura odinaria in benzina. L’impianto può essere caricato di tutti i rifiuti contenenti carbonio, e cioè mozziconi di sigarette, cenere, carta straccia, segatura.
Si preme un bottone e il cumulo di spazzatura sparisce dentro l’impianto. I rifiuti vi vengono sminuzzati e poi alimentati in un reattore speciale, dove dai composti ottenuti di carbonio e di idrogeno viene sintetizzata benzina.
L’impianto sperimentale può produrre fino a 200 litri di carburante all’ora. Tutto dipende dal nostro desiderio, rassicura Serghej Zotov, progettista capo dello studio sperimentale:
Possiamo modificare i parametri e cominciare a produrre un carburante più pesante. Ad esempio, nafta o cherosene per aerei. Per ottenere altri elementi, ad esempio alcol, basta semplicemente cambiare le regolazioni dell’impianto.
Il costo di produzione del carburante è fantastico, e cioè 0,001 euro al litro. L’energia per il lavoro di questo impianto ci vuole soltanto all’atto di avviamento. Poi si alimenta da solo. A questo scopo in esso è inserita un’unità che genera energia. Se un tale aggregato sarà installato in una casa d’abitazione, si può creare un ciclo chiuso di trasformazione di tutti i rifiuti in calore ed energia elettrica, dice Sergej Zotov:
Tale impianto può essere piazzato nel sotterraneo di una casa d’abitazione dove trasformerà benissimo rifiuti domestici. Il calore emesso durante le reazioni di ossidazione può essere usato per il riscaldamento dell’edificio.
I ricercatori hanno iniziato a studiare questa tecnologia già all’inizio degli anni ’80 per poter usarla in caso di guerra nucleare quando diventerebbe impossibile estrarre e trasformare il petrolio. I ricercatori di Tomsk hanno deciso che tale tecnologia sarà molto utile anche ai tempi di pace. E così dopo alcuni anni di lavoro è stato realizzato l’impianto AIST, una fonte alternativa di carburante sintetizzato.
Gli esperti sono rimasti sbalorditi quando hanno conosciuto il numero ottanico della benzina prodotta sull’impianto AIST, e cioè corrisponde allo standard Euro-5. È un carburante di extra e di superlux classe. Adesso tale carburante viene usato forse solo nelle auto da corsa.
I partecipanti del progetto innovativo hanno deciso di testare il loro prodotto sulle proprie auto e tra un po’ di tempo hanno cominciato a dimenticare dell’esistenza dei distributori di benzina. Il loro impianto di laboratorio li rifornisce stabilmente di carburante.
I progettisti promettono di dimostrare fra un anno un modello industriale. Se ne programmano alcune versioni: per grandi aziende, per case d’abitazione e mini-impianto mobile.

La nuova rivoluzione industriale: il contributo dei maker

La crisi economica ha provocato una caduta della produzione ma per invertire la rotta bisogna puntare su settori in cui i tanti giovani di talento si sentono rappresentati. I maker costituiscono un movimento culturale contemporaneo, che rappresenta un’estensione su base tecnologica del tradizionale mondo del fai da te. In molti oggi non esitano a definire questo fenomeno come una nuova “rivoluzione industriale”.”Da qualche anno una piccola rivoluzione industriale è in atto in settori che vanno dall’aerospazio all’oreficeria e non solo per creare prodotti unici, ma in generale per innovare i processi di disegno, prototipazione e riparazione. In un prossimo futuro i pezzi di ricambio industriali non si spediranno ma si faranno stampare direttamente al cliente fornendogli le specifiche software”.Tra gli interessi tipici dei maker vi sono realizzazioni di tipo ingegneristico, come apparecchiature elettroniche, realizzazioni robotiche, dispositivi per la stampa 3D, e l’uso di apparecchiature a controllo numerico, ma anche attività più convenzionali, come lavorazione del metallo, del legno e dell’artigianato tradizionale.
In Italia abbiamo makersitaly che rappresenta il primo passo nel portare Maker Faire nel nostro paese e  vede come suoi promotori il co-fondatore del progetto Arduino e  un noto giornalista e divulgatore scientifico sui temi dell’Innovazione e promotore del Digitale in Italia.
Ma chi sono questi maker? Sono creativi tecnologici e digitali, innovatori fai-da-te, hobbisti avanzati, start-up con un’idea nel cassetto… rappresentano i grandi protagonisti del nostro futuro. Come possiamo aiutarli?
Con l’uso efficiente dei fondi UE bisogna attuare un’ampia strategia di investimento conforme alle priorità di Europa 2020 ma che sia coerente con i programmi nazionali di riforma. Tra le priorità c’è la crescita intelligente (sviluppare un’economia basata su conoscenza e innovazione) le cui iniziative legate all’agenda digitale europea; all’unione dell’innovazione; e all’Youth on the move.
Premesso che buona parte dei fondi strutturali dell’Unione Europea sono gestiti a livello nazionale o regionale e i progetti sono selezionati dalle competenti autorità (oltre il 76% del bilancio dell’Unione è gestito dalle autorità nazionali e regionali).
La Commissione Europea gestisce solo il 22% sotto forma di sovvenzioni del bilancio UE. Le domande possono essere presentate direttamente alla Commissione europea o all’agenzia esecutiva che gestisce il programma.
Il 19 luglio 2013 è stata trasmessa al Parlamento Europeo la lista dei programmi MFF 2014-2020.
La Commissione Europea ha recentemente presentato il position paper  sulla preparazione dell’Accordo di Partenariato e dei Programmi in ITALIA per il periodo 2014-2020. Anche il contratto di partenariato contiene le modalità per garantire l’allineamento con la strategia Ue 2020 (analisi disparità, sintesi Vexa PO, sintesi risultati attesi) + elenco PO con rispettive dotazioni annuali, prevede un approccio integrato a sviluppo territoriale (modalità applicazione artt. su sviluppo locale partecipativo, elenco Città partecipanti a “piattaforma per sviluppo urbano”, …).
Gli obiettivi nel regolamento generale sui fondi europei sono gli investimenti, occupazione e la Cooperazione territoriale per le tre tipologie di regioni: Regioni “sviluppate” (PIL > 95% media Ue); Regioni “in transizione” ( 75% < PIL < 95%); Regioni “meno sviluppate” (PIL < 75% media Ue).  Il regolamento rafforza l’approccio strategico della concentrazione tematica agendo con “flessibilità” nei territori diversi in quanto hanno esigenze diverse.
Il principio dell’integrazione è sostenuto a più livelli… a livello di PO (programmi operativi):  possibilità per gli Stati di definire e attuare PO multifondo (FESR, FSE, FC); a livello di sviluppo locale: strategie integrate e multisettoriali di sviluppo locale; investimenti integrati da parte di piccole comunità (Autorità locali, ONG, parti sociali); gruppi di azione locale responsabili della definizione e attuazione delle strategie; a livello di investimenti: investimenti territoriali integrati; richiede una strategia di sviluppo urbano o altre strategie o patti territoriali.
I PO sono presentati unitamente al Contratto di Partenariato (CP). Devono essere accompagnati da una valutazione ex ante. Definire una strategia relativa al contributo del PO al conseguimento obiettivi EU2020 (in coerenza con QSC e CP), le modalità per garantire l’attuazione efficace, efficiente e coordinata dei Fondi del QSC e le azioni volte a ridurre gli oneri amministrativi a carico dei beneficiari. Definire le priorità, stabilendo gli obiettivi specifici, le dotazioni finanziarie del sostegno dei Fondi del QSC e il corrispondente cofinanziamento nazionale. Stabilire indicatori per ciascuna priorità/asse che permettano di valutare i progressi nell’esecuzione del PO verso il conseguimento degli obiettivi: – indicatori finanziari relativi alla spesa assegnata - indicatori di realizzazione relativi agli interventi finanziati - indicatori di risultato relativi alla priorità.
Sappiamo che gli obiettivi di Europa 2020 per l’ITALIA sono ambiziosi: tasso di occupazione= 67/69% della popolazione tra 20 e 64 anni; spesa per ricerca = 1,53% del PIL; istruzione terziaria o equivalente= 26/27% della popolazione tra 30 e 34 anni; abbandoni scolastici = 15/16%; efficienza energetica = +13,4%; energie rinnovabili = 17% del consumo energetico; emissioni di gas serra = -13%; povertà = 2,2 milioni in meno.
Nell’ambito delle due priorità quali la crescita intelligente ed inclusiva, si è data maggiore enfasi alla competitività per la crescita e l’occupazione che ha avuto un incremento di risorse di 34 miliardi di euro. Nella tavola 1 è evidenziata la struttura del finanziamento UE sulla competitività per la crescita e l’occupazione. In totale sono stati stanziati più di 125 milioni di euro (prezzi 2011) che rappresentano il 13% del totale stanziamenti.
Tavola 1 - Quadro finanziario pluriennale (UE-28)
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Fonte: REGOLAMENTO DEL CONSIGLIO che stabilisce il quadro finanziario pluriennale per il periodo 2014-2020.
Nel contempo è stata prevista una nuova iniziativa concernente la disoccupazione giovanile con una dotazione di 6 miliardi di euro, la metà dei quali sarà finanziata attraverso il Fondo sociale europeo (di cui 1,7 utilizzabili nel 2014 e 1,3 miliardi nel 2015 attraverso il progetto “youth employment initiative“) e l’altra metà grazie a una nuova linea di bilancio non ancora rintracciabile.
Per tutti i programmi, i singoli Stati designano un’autorità di gestione (a livello nazionale, regionale o ad altri livelli) che ha il compito di informare i potenziali beneficiari, selezionare progetti e monitorare la realizzazione in generale.
Per i giovani cittadini abbiamo a disposizione la rete Eurodesk (numerosi sportelli in tutta Italia). I Punti Locali offrono servizi gratuiti di informazione sui programmi e sulle opportunità offerte dall’Unione Europea e il Consiglio d’Europa nel settore della gioventù. Infine abbiamo la Enterprise Europe Network nata per aiutare le piccole e medie imprese a sviluppare il loro potenziale di innovazione e sensibilizzarle nei confronti delle politiche comunitarie.
Con i risultati che sono stati illustrati in questo articolo in cui nel 2012, su quasi 16 miliardi di euro di versamenti che l’Italia ha versato al bilancio generale UE, ha ricevuto soltanto 9,7 miliardi di euro di contributi con un saldo negativo di 6 miliardi di euro  è facile darsi una risposta sul danno che l’Italia ha subito fino ad oggi. Dobbiamo invertire la rotta, subito.
Prima di ricevere i fondi, le autorità dovranno dimostrare di avere attuato quadri strategici, normativi e istituzionali soddisfacenti per garantire l’uso efficiente dei finanziamenti. L’erogazione di ulteriori fondi dipenderà dai risultati ottenuti. Le procedure saranno semplificate e informatizzate, ove possibile. I criteri di ammissibilità per gli strumenti di finanziamento dell’UE saranno armonizzati, riducendo i costi. Ma sono pronte le nostre Istituzioni a queste innovazioni? Come siamo messi con l’informatizzazione?
Sappiamo che si vuole sviluppare un ambiente favorevole all’innovazione delle imprese ma come il Governo si sta attivando a farlo in senso pratico non è chiaro? Abbiamo una sintesi dell’accordo di partenariato dove si scopre che sono stati costituiti dei tavoli tecnici uno per ogni missione. Per il lavoro, competitività dei sistemi produttivi e innovazione hanno trattato i dieci obiettivi tematici tra febbraio ed aprile 2013. Sappiamo che dobbiamo aspettare l’approvazione del regolamento generale sui fondi QSC, che doveva avvenire a ottobre 2013 (ma non c’è traccia on-line), sappiamo che sulla base dei contenuti fissati sull’accordo di partenariato verranno implementati i POR (programmi operativi regionali).
Cerchiamo di evitare di creare fiumi di carte, molteplici seminari ecc. ecc. e diamo concretezza alle azioni che vogliamo intraprendere. C’è un mondo di giovani che vuole lavorare su qualcosa di concreto e che questa concretezza gli dia stimoli e soddisfazioni per uscire dai Neet (Not in Education, Employment or Training) , potremmo aiutarli concretamente basta la volontà “politica” di agire subito. Malgrado i nostri politici e la nostra crisi, ci ritroviamo per qualche incomprensibile coincidenza del destino (e in più, inconsciamente) nel ruolo di guru guida dell’aspetto più tecnologico del movimento.Cerchiamo quindi di non farci sfuggire questa occasione…concreta.
Fonte : http://www.monicamontella.it/wordpress/2013/11/08/la-nuova-rivoluzione-industriale-il-contributo-dei-maker/

sabato 2 novembre 2013

Il paese che finisce all’ospedale per colpa della cannabis

di   - 02/11/2013 - Gli abitanti dela capitale della produzione della marijuana in Albania costretti al ricovero

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EFFETTO MARIJUANA - Il quotidiano inglese The Guardian racconta come un intero paese sia finito all’ospedale per colpa della cannabis. I dottori di Gjirokastër hanno spiegato come circa settecento persone abbiano ricorso alle cure mediche per i disturbi provocati dalla coltivazione della marijuana, come vomito, dolori di stomaco, pressione alta e battito cardiaco irregolare. Il fatto è avvenuto a Lazarat, un paese che dalla fine del comunismo si è specializzato nella vendita della cannabis. Hysni Lluka, un dottore dell’ospedale più vicino, ha spiegato come negli ultimi due mesi siano arrivati al pronto soccorso fino a dieci persone ogni giorno, e molti di più si sono recati presso la struttura ospedaliera per disturbi legati all’hashish. A Lazarat circa 2 mila persone lavorano nei campi della cannabis, dove i produttori pagano otto euro per dieci chilo della droga. Tra i coltivatori ci sono anche molti rom, che hanno costruito un campo nei paraggi delle campagne dedicate alla coltivazione della marijuana.
CAPITALE DELLA CANNABIS - Uno dei motivi per cui a Lazarat si è diffusa l’epidemia dei disturbi da cannabis risiede nell’assenza di controlli statali di qualsiasi genere. La zona è stata completamente abbandonata dallo stato, a causa del dominio della criminalità. I poliziotti che si avvicinano ai campi della cannabis locale sono stati ripetutamente accolti dai colpi di kalashnikov. Per questo motivo le autorità hanno preferito di confrontarsi con la rabbia dei coltivatori locali di marijuana. Le foto aeree indicano come sessanta ettari di terreno siano stati dedicati alla coltivazione della cannabis, con circa 300 mila piante, capaci produrre circa 500 tonnellate di marijuana, la metà di quella prodotta in Albania.