venerdì 8 marzo 2013

Incidente nucleare presso il sito di Hanford negli USA: Non si riesce a contenere la fuoriuscita di materiale radioattivo


Un incidente nucleare presso il sito di Hanford nello Stato di Washington negli Stati Uniti è avvenuto il 22 febbraio. Perdite di rifiuti nucleari sono state segnalate su sei serbatoi presenti nel sito dove si produce plutonio arricchito. Secondo il governatore dello Stato, Jay Inslee, non ci sarebbero rischi per la salute della popolazione ma la notizia è “inquietante”. La notizia   “solleva seri interrogativi circa l’integrità di tutti i serbatoi singoli,” ha detto il governatore.
Nemmeno un grande Paese come gli Stati Uniti è ancora riuscito a porre rimedio all’eredità nucleare. Nell’impianto che si trova nello Stato di Washington, sei vecchi serbatoi (sui 177 totali) da giorni continuano a rilasciare materiale ad alta radioattività nel terreno circostante. Nils Bøhmer, fisico nucleare nonché direttore generale della Bellona, la società americana che si occupa di decommissioning, ha ammesso oggi: «Siamo molto preoccupati, perché le perdite sono destinate ad aumentare». Aggiungendo inoltre che per escludere rischi per la salute della popolazione, «vanno ancora accertati il numero, l’entità e la durata nel tempo delle perdite». Al momento ancora sconosciuti.
Avevano da tempo superato i 20 anni di età massima prevista, i sei vecchi serbatoio del sito nucleare di Hanford. In totale la struttura ne conta 177 (di cui 149 a fondo unico), contenenti 53 milioni di galloni (oltre 200 milioni di litri) di scorie altamente radioattive. Abbastanza per riempire decine di piscine olimpioniche. Sono il frutto della realizzazione di armi nucleari, eredità della Guerra fredda. A rendere nota la perdita, il governatore dello Stato di Washington, Jay Inslee, che ieri si è incontrato con il segretario all’Energia Steven Chu. A suo dire, al momento, non ci sarebbero rischi per la salute.
Non si tratta del primo incidente nel sito di Hanford. La settimana scorsa, infatti, si era avuta notizia di perdite liquide ad alta velocità «tra i 150 e 300 galloni (tra 567 e 1.135 litri, nda) l’anno» dal serbatoio danneggiato numero 177. Gli appositi pozzi di monitoraggio non avrebbero però indicato aumenti preoccupanti del livello di radiazioni. Era il primo serbatoio a perdere liquidi dal 2005, anno dell’ultimo incidente, peraltro in una vasca costruita nel 1940 che può contenere circa 447mila galloni (1,6 milioni di litri) di fanghi radioattivi. A preoccupare, oltre alla possibile contaminazione delle falde acquifere sotterranee, anche l’estrema vicinanza all’impianto del fiume Columbia, che dista appena 400 metri.
«Oggi nessuno di quei serbatoi sarebbe a norma. Inoltre non dovrebbero venire ancora utilizzati perché hanno abbondantemente superato la loro vita massima per la quale erano stati progettati», ha denunciato Tom Carpenter di Hanford Challenge, un gruppo ambientalista che tiene sotto controllo il sito nucleare. «Eppure quei serbatoi – ha aggiunto – contengono due terzi delle scorie ad alto potenziale radioattivo degli Stati Uniti». E secondo recenti stime, quasi 4 milioni di litri di materiale potrebbero essere fuoriusciti in questi lunghi decenni dai serbatoi più vecchi. Al punto che Ron Wyden, nuovo presidente dell’Autorità per l’Energia e le risorse naturali del Senato, chiederà lunedì al Government Accountability Office di aprire un’inchiesta sul monitoraggio e il programma di manutenzione dei serbatoi di Hanford.
Il governatore di Washington Inslee, nelle scorse ore, ha innalzato la gravità del problema, citando come fonte il segretario all’Energia: «Chu mi ha informato che ci sono perdite da sei singoli serbatoi al sito di Hanford, non solo in uno come si era appreso in un primo momento. L’entità delle perdite varia da un serbatoio all’altro». Ribadendo infine ai giornalisti che «il segretario Chu è stato molto chiaro nell’affermare che non ci sono minacce imminenti per la salute pubblica, date dalle perdite. Si tratta tuttavia di una notizia allarmante per gli abitanti di Washington». Ma su Twitter, il governatore, è stato molto più duro: «La notizia delle perdite in sei serbatoi a Hanford solleva seri interrogativi circa l’integrità di tutti gli altri».
L’impianto di Hanford, grande come un quartiere di una cittadina, è stato costruito nel 1943, durante la Seconda guerra mondiale, nell’ambito del progetto Manhattan per realizzare la prima bomba atomica. Il plutonio della “Fat Man” sganciata su Nagasaki (9 agosto 1945), che porta alla resa dell’Impero giapponese e la fine del secondo conflitto mondiale, proveniva proprio da quell’impianto. Conta nove reattori e tre stabilimenti Purex, per il recupero di plutonio e uranio dal combustibile nucleare esusto delle centrali. Vista la segretezza del lavoro, gli abitanti del luogo (quasi 2.000 più la tribù dei Wanapum) vennero deportati altrove, mentre i tecnici arrivarono a Hanford da diversi centri ricerca militari degli Usa.
La struttura ha prodotto plutonio arricchito per tutta la Guerra fredda (l’ultimo reattore è stato spento nel 1987), col quale sono state realizzate 60mila armi atomiche dell’arsenale Usa, lasciando però una pesante eredità: oggi è uno dei siti più contaminati degli Stati Uniti. Risale ormai a diversi anni fa la conclusione di due dei tre progetti ritenuti più urgenti, a causa dei rischi per la salute e per l’ambiente: la rimozione dal sito di tutto il plutonio per uso militare e lo svuotamento delle piscine piene del combustibile nucleare esaurito, che avevano perdite.

Nel sito di Hanford il governo Usa investe tuttora 2 miliardi di dollari l’anno, un terzo dell’intero budget nazionale per la bonifica nucleare, nell’ambito di un piano che si prevede andrà avanti per decenni. I lavori, nonostante l’impiego di 11mila persone, hanno però accumulato ritardi, richiesto stanziamenti extra e ardue sfide tecnologiche. Il risultato è che non si è ancora giunti a portare a termine il terzo, e più urgente, progetto sul sito: lo svuotamento di vasche e serbatoi, ormai in condizioni pietose, e la vetrificazione delle scorie contenute al loro interno.
Il problema maggiore sembra essere la nuova struttura che dovrà trattare e accogliere il materiale radioattivo, ultimo costo stimato a bilancio oltre 12,3 miliardi di dollari, i cui lavori sono in ritardo e che non dovrebbe essere operativa prima del 2019. Al punto che una nuova relazione del Dipartimento per l’Energia, pubblicata proprio questa settimana, prevede di far salire gli stanziamenti per la bonifica del sito, per un po’ di esercizi, fino a 3,5 miliardi dollari l’anno, così da accellerarne i lavori.
Fosse così si scongiurerebbe il principale timore del governatore di Washington, preoccupato invece che i futuri tagli di bilancio già previsti possano influire negativamente sui lavori nel sito. «Dobbiamo avere la certezza che il governo federale mantenga il suo impegno e gli obblighi di bonifica a Hanford», ha spiegato il governatore Inslee. Lo Stato di Washington, nel ribadire la «tolleranza zero» sullo stoccaggio rifiuti radiattivi, e assieme al governatore del confinante Oregon, John Kitzhaber (entrambi gli Stati sono a guida democratica), chiede ora la costruzione di nuovi e moderni depositi temporanei, in cui tenere le scorie fino alla realizzazione dell’impianto definitivo previsto.